Una cenetta stucchevole
Riferisco quanto ho visto senza aggiunte od omissioni. In un noto, ma non notevole, ristorante alla moda di Foligno m’imbatto in vicini (fin troppo) di tavolo non esattamente gradevoli; di tanto in tanto persino tracotanti per l’inconfessata necessità di volersi impadronire di una certa qual distinzione, faticosamente appresa sfogliando chi sa quale manuale di galateo o forzando l’ammissione in un club cittadino. S’alzano tutti a turno, prima gli uomini e poi le donne, per fumarsi una sigaretta fuori dal locale. A malapena hanno imparato, nel giro di una generazione, a non tenere in pugno la forchetta con la destra e a non farsi crescere l’unghia del mignolo. Quel che disturba è che hanno perso l’umiltà verso il prossimo. Di punto in bianco uno di loro – quello che poi farà i salti mortali per dividere alla romana – insolentisce la cameriera destando l’ilarità dei sodali di pappata: “si vede che non hai fatto la scuola alberghiera”. Lamentandosi del servizio (che tra l’altro ho trovato inappuntabile, sebbene non abbia ricevuto un’educazione impartita in un esclusivo collegio) il cliente “che ha sempre ragione” si riteneva al di sopra della ragazza. Non credo che Foligno abbia vissuto epoche più sgraziate di questa, neppure ai tempi delle sue rinomate bettole. Forse a qualcuno fischieranno le orecchie.
GIOVANNI PICUTI