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Cattolici in politica: a quando un nuovo Partito Popolare?

Il condivisibile articolo di Alvaro Bucci sulla Gazzetta del 29 settembre 2019 ci permette di capire che un’azione politica dei cattolici che operi una selezione tra i valori etici e tutte le altre questioni sociali non è credibile. L’attuale quadro politico non offre alcuna soluzione soddisfacente per un cattolico che non voglia votare secondo un aut aut valoriale; ciò sarebbe già sufficiente per rendere della massima urgenza la questione di un nuovo partito dei cattolici.

Chiarisco subito cosa io intenda con questa locuzione: non un partito confessionale (come non lo erano la DC e il Partito Popolare), non un partito-fortino di soli cattolici, non un partito che unisca tutti i cattolici (peraltro mai esistito); questi sono solo spauracchi agitati dai teorici della diaspora. Trattasi, invece, di un partito laico, con un solido apporto cattolico ma aperto a tutti, la cui base programmatica trovi ispirazione anche nella Dottrina Sociale della Chiesa, non sezionata ma assunta nella sua integralità. Un partito che costruisca un consenso, ben al di là dei confini identitari cattolici, intorno alle linee tracciate dalla Dottrina Sociale. Non era forse questa l’idea di don Luigi Sturzo? Una riedizione aggiornata dell’Appello ai liberi e forti è ciò di cui avremmo bisogno in questo momento storico-politico.

Tuttavia restano dei freni che impediscono il compimento di questo passo necessario. Non tanto la crescente secolarizzazione delle masse sociali, che ai tempi di Sturzo era solo un fenomeno d’élite, ma che a tal fine è comunque un falso problema; infatti, quello cattolico è un mondo tuttora vasto, benché privo di reale rappresentanza politica. È problematica, piuttosto, l’assenza di personalità che prendano l’iniziativa di fare una proposta e di organizzare le forze. È discutibile la “scelta religiosa” di associazioni (AC, CL) che un tempo garantivano una presenza pubblica organizzata. È deleteria la persistenza, proprio tra i cattolici, della teoria della diaspora, secondo cui non sarebbe possibile e nemmeno auspicabile la rinascita di un partito di ispirazione cristiana; i sostenitori di questo novello non expedit ritengono che i cattolici debbano distribuirsi ed agire come lievito nelle varie formazioni politiche, senza fare un proprio partito di riferimento. La storia recente ci ha mostrato il totale fallimento dell’idea di cattolico-lievito: il risultato è una presenza politica dei cattolici dissolta.

L’associazionismo cattolico deve dunque rendersi protagonista di una nuova stagione di impegno politico. È auspicabile che anche i pastori della Chiesa facciano la loro parte, magari svolgendo un’iniziale azione propulsiva e di raccordo, senza per questo trasformarsi in vescovi-pilota. Le “truppe” non mancano, molti sono coloro che vorrebbero impegnarsi in un progetto simile. Non mancano nemmeno le forze intellettuali e le basi culturali che darebbero visione, competenza, ampiezza alla proposta ideale e programmatica. Il momento di agire è ora, per evitare di passare altri vent’anni parlando della necessità di un “rinnovato impegno politico dei cattolici” che, data l’assenza di conseguenti azioni concrete, più passa il tempo, più sembra solo uno slogan vuoto di sostanza.

EMANUELE SFREGOLA

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