“Il malato immaginario” di Gabriele Lavia
Grande successo per l’opera molieriana diretta e interpretata dal grande maestro della scena
La stagione di prosa del Teatro Stabile dell’Umbria ha proposto per il primo febbraio al Politeama Clarici di Foligno un testo del teatro classico. Scritto da Molière nel 1673, “Il malato immaginario”, diretto e interpretato da un maestro della scena del calibro di Gabriele Lavia, è la nuova coproduzione del Teatro Stabile dell’Umbria con la Compagnia Lavia Anagni. Dopo la felice esperienza con “L’avaro”, premio come migliore spettacolo agli Olimpici del Teatro del 2004, Lavia torna a rileggere con arte e raffinatezza un altro testo simbolo della produzione di Molière, conferendogli accenti e tratti nuovi grazie ad una insuperabile forza espressiva e di analisi. In uno spazio scarno e fuori dal tempo, creato da Alessandro Camera, si muove un ipocondriaco Lavia-Argante, che alterna la sua vita tra un letto e una salle de bains, dove il malato vive l’incubo di un male senza nome.
Sul palco insieme ad Argante si alternano la bella figlia (Lucia Lavia, per la prima volta in scena accanto al padre) segretamente innamorata di Cleante (Andrea Macaluso) e promessa in sposa dal padre ad un giovane medico (Michele Demaria), una moglie avida (Giulia Galiani), un gruppo di grotteschi ed infidi dottori (Pietro Biondi, Mauro Mandolini, Vittorio Vannutelli), un fratello saggio (Gianni De Lellis), il notaio (Giorgio Crisafi) e una serva fedele e astuta (Barbara Begala), che attraverso i meccanismi della commedia classica finiranno per trascinare Argante in una fitta trama di inganni, equivoci, burle e finzioni.
“Il malato immaginario” diventa per Lavia una metafora dell’uomo di fronte al potere, rappresentato dagli inquietanti medici. Spiega Lavia: “Da molti anni avevo intenzione di fare “Il malato immaginario” e tutte le volte che ci pensavo mi tornava alla mente il “Malone muore” di Beckett, che, in fondo, racconta più o meno la stessa storia: quest’uomo solo che ormai vive circondato da fantasmi”. E sono proprio del “Malone muore” i brani che Argante ascolta attraverso un registratore. Interessanti i momenti di metateatralità, come l’invettiva che Argante pronuncia nei confronti di Molière definendolo un maleducato, poiché osa mettere in scena una storia come quella. Epilogo di carriera e di vita del grande drammaturgo francese, “Il malato immaginario” è l’opera che conclude la sua produzione. Il 17 febbraio del 1673 infatti Molière, che interpretava Argante, portò a termine la rappresentazione nonostante il grave stato di salute, morendo poche ore dopo.
© Gazzetta di Foligno – ELISABETTA MARCHIONNI