Giovani vandali per noia e i genitori minimizzano
Nostra intervista al Capitano dei Carabinieri Angelo Zizzi, comandante della Compagnia di Foligno: “Molto spesso mamma e papà sono assenti e rimangono indifferenti”.
Picchiano selvaggiamente i coetanei rifugiandosi nel branco che – come accaduto al Parco dei Canapè qualche mese fa – anziché fermarli li incita, filmandoli col telefonino. Imbrattano muri con bombolette spray, firmandosi attraverso i cosiddetti “tag”: segni grafici che poco hanno a che fare con l’arte. Spaccano oggetti di arredo urbano: vasi di fiori, panchine e tavoli, giochi pubblici e impianti di illuminazione sono i bersagli preferiti da questi giovani annoiati. Talvolta spariscono dalle loro case per ore, lasciando i familiari nell’angoscia oppure sfogano la loro smania distruttiva contro le auto in sosta, agendo sempre e solo in gruppo per garantirsi sostegno.
Sono i nostri ‘bravi ragazzi’, nati e cresciuti a Foligno in famiglie normali che una volta chiamate a rispondere delle azioni dei figli minorenni in caserma trasaliscono. Almeno la metà dei genitori convocati dai Carabinieri per aver sorpreso i figli nel consumo di droghe leggere nei parchi pubblici reagiscono minimizzando e prendendo le difese dei loro pargoli: a spiegarlo alla Gazzetta di Foligno il Capitano dei Carabinieri Angelo Zizzi, alla guida del Comando folignate dell’Arma.
Capitano, dal vostro osservatorio vorremmo poter analizzare questa gioventù problematica: se non esistono abbastanza numeri per parlare di statistiche è tuttavia possibile analizzare almeno qualche episodio?
Certamente sì. Il primo caso mi viene in mente è quello di una madre che qualche mese fa ha denunciato la scomparsa della figlia minorenne, studentessa in un Istituto superiore cittadino. La signora ci ha chiesto aiuto e la prima cosa che le ho chiesto è come fosse vestita la ragazza: domanda alla quale non ha saputo rispondere. Nessuna risposta neanche alla richiesta su quali amici avesse e quali fossero le sue frequentazioni. Questa donna non sapeva neanche se la figlia avesse dei profili sui social network e non ha saputo rispondere alla richiesta di fornirci il suo numero di telefono, giustificandosi col fatto che la ragazza lo aveva cambiato da poco. Unico dato sulla figlia il fatto di averla vista in compagnia di qualche ragazzo alla fermata dell’autobus in attesa dei mezzi pubblici. La ragazza è stata ritrovata a Trevi la sera stessa; si era rifugiata a casa di un’amica per sfuggire a una marachella di qualche giorno prima temendo che potesse essere scoperta dalla mamma.
Una famiglia difficile?
Non direi, semmai normale, con madre e padre lavoratori da mattina a sera; di sicuro questa donna ha perso il contatto con la figlia, non sapendo rispondere a domande che potremmo definire ‘banali’ riguardo la sua quotidianità.
Altri episodi?
Me ne viene in mente uno che risale al giugno scorso, quando il Comune di Foligno ha organizzato la manifestazione ‘Foligno in fiore’ per abbellire i vicoli della città. Un sabato sera sono arrivate una serie di chiamate dai cittadini del centro storico e in particolare da Via Arti e Mestieri segnalando la scorribanda di 4 ragazzini che rompevano i vasi di fiori. Siamo intervenuti boccando due di loro, che a differenza degli altri non sono neanche scappati, anzi, ci hanno aspettato con un’incredibile aria di sfida. “Sì, stiamo rompendo i vasi ma che dobbiamo fare? Stasera è sabato!” Come se fosse giusto fare quello che facevano per spezzare la noia, senza percepire il disvalore della loro azione distruttiva e affrontando apertamente un’autorità superiore.
Tutto per noia? O forse per un senso di ribellione?
Di certo ho potuto osservare frequentemente nei loro occhi l’indifferenza, più pericolosa di qualsiasi atto vandalico. La stessa che riscontriamo nei genitori quando li portiamo a conoscenza delle azioni dei figli. In queste storie non possiamo non registrare un senso di abbandono drammatico da parte di questi ragazzi. Anche tanti anni fa si commettevano marachelle e si rompevano vetri, i ragazzi compivano atti di danneggiamento ma con la consapevolezza del disvalore di quell’atto.
Il ruolo delle famiglie?
Rispetto a qualche anno fa oggi non c’è più il controllo dei genitori e questa noia, il distruggere senza consapevolezza, nasconde una incredibile manifestazione di sofferenza per l’assenza di mamma e papà. In più davanti alla realtà i genitori negano, difendendo i figli e dunque peggiorando la situazione sotto il profilo educativo. A questo proposito mi viene in mente un altro episodio sempre di un gruppo di minori di ‘famiglie bene’ provenienti da Roma che durante l’agosto montefalchese erano con i nonni (montefalchesi) in vacanza. Ogni sera i ragazzini si divertivano a distruggere le auto in sosta rompendo specchietti, vetri e forando gli pneumatici; siamo riusciti a risalire a loro grazie ad una telecamera montata a bordo di un’auto e in funzione ventiquattr’ore su ventiquattro.
Inevitabile anche l’“effetto branco”…
Certamente la benzina del bullo o del vandalo è sempre il consenso; uno agisce mentre gli altri incitano al danneggiamento e filmano l’atto distruttivo o da bullo. Tutto questo abbassa le inibizioni, come anche l’utilizzo di droghe leggere.
Che uso c’è fra i minori degli stupefacenti?
Certamente cresce ed è diffusissimo l’uso di droghe leggere e alcool in età scolare, con la soglia dell’età media che si abbassa ai 13 anni: assistiamo in particolare a giugno e settembre a un aumento dei casi di danneggiamento e spesso è possibile osservare minori in giro in gruppo a tarda ora per la città, perché lasciati più liberi dai genitori in corrispondenza del periodo quintanaro. Molto frequentemente chiamiamo i genitori in caserma dopo aver sorpreso i figli a consumare droghe leggere. La metà di questi genitori difende i figli, minimizza la cosa. In rarissimi casi ho visto le mamme piangere, davvero raramente.
L’imperativo è prendersi cura di questi ragazzi, controllarli.
Certamente. Io stesso vedo con i miei occhi ragazzini che in questi periodi di festa girano fino alle 3 di notte in giorni infrasettimanali e scolastici, come se le regole non esistessero, come se fossero completamente abbandonati a se stessi.
Mamma e papà devono farsi investigatori dei figli?
Direi di si, è soprattutto importante che ‘facciano rete’ con i genitori dei loro amici oltre a comunicare coi propri ragazzi. Resta il fatto che è l’esempio l’elemento cardine dell’educazione: mi è capitato di parlare di rispetto dell’ambiente in una scuola media del territorio dove ho esordito affermando: “Non dà fastidio anche a voi veder gettare le cartacce dal finestrino dell’auto”? Una bimba ha candidamente risposto: “A me non dà fastidio, lo faccio anche io e pure il mio papà lo fa”. Ecco dunque il valore dell’esempio, come anche nel caso della violenza familiare: se un bambino cresce abituandosi ad essere spettatore di atti violenti non potrà che perpetuare ciò a cui è stato abituato, ciò che per lui è normale. Ecco perché, oltre a quella delle famiglie è importante la voce delle Istituzioni, della Scuola e delle organizzazioni religiose del territorio che devono insegnare il disvalore di certe condotte. Anche il nostro lavoro mette quotidianamente al centro i ragazzi e la scelta di creare in caserma una stanza dedicata all’ascolto di donne o minori che abbiano subito abusi e maltrattamenti segue queste intenzioni; da dicembre scorso ad oggi è servita per 20 casi.
Che consigli dà ai genitori?
Innanzitutto guardare il telefono dei figli minori senza remore: la privacy di un adolescente deve essere gestita. Dunque controllare i social ma osservare i ragazzi anche nelle loro frequentazioni e nei loro spostamenti, verificando chi incontrano e dove vanno quando escono da soli. Fondamentale il valore dello sport, educandoli a rispettare le regole e gli altri: in questo caso la squadra e l’avversario. Il tutto tenendo presenti i danni che può produrre il senso di abbandono in un minore, la mancanza di controllo, di regole, l’indifferenza di mamma e papà ai suoi atti di ribellione e violenza.
FEDERICA MENGHINELLA