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Raggi-Salari, continua il dibattito: “È ora di costruire il futuro”

Caro Maurizio, forse parlandoci direttamente possiamo trovare un terreno di discussione che sia costruttivo per il futuro. Essendo questo il mio intento vorrei farti un invito: non personalizziamo il confronto. Non dimentico il tuo curriculum politico, avendo in minima parte contribuito a suo tempo a fare le scelte giuste per la città: né voglio metterne in discussione onorabilità e trasparenza. Semplicemente: non c’entra nulla col confronto politico su cui intendevo e intendo esercitare il mio pensiero che, come spero avrai notato, va ben oltre il rinvangare il passato.
Né serve dire ‘io non c’entro nulla, perché ero fuori dai centri decisionali’.
È rifiutare la Politica nel senso più nobile del termine affermare che sei stato o sei fuori dai giochi esercitando il ruolo di Presidente della più grande azienda pubblica della città e non solo: tu sei lì legittimamente a svolgere bene il tuo ruolo perché hai una storia politica e un vissuto politico.
In modo chiaro e trasparente: negarlo è negare l’essenza stessa del ruolo del dirigente. Io penso che sia giusto che tu sia lì: ma ritengo farisaico pensare che ci tu ci sia per caso.
Occorre nobilitare la politica, non rinnegarla.
E veniamo al dunque: non sei certo stato tu da solo a determinare la governance della Regione nel 2010. Quando si personalizza si rischia di farsi troppo grandi o troppo piccoli.
È certo però che l’Umbria allora si divise e si divise anche la città di Foligno: in quel momento la cultura unitaria e progressista che aveva fatto forte Foligno nel centro Italia venne meno, e iniziò il declino.
Questa la mia tesi. Ovviamente la si può contestare e produrre altra analisi: ben venga, sono pronto a ricredermi e a cambiare opinione.
Ciò che non può però accadere in politica è il ‘rimuovere’ la storia e i fatti: il tuo pronunciamento -qui sono io che ricordo a te la cosa – contro il terzo mandato di Rita è stato esplicito nel momento in cui sei stato primo firmatario del ricorso avverso la candidatura di Rita presso il collegio di garanzia del partito: non un atto tecnico dunque ma un atto politico vero e proprio. Al collegio di garanzia si scrive da iscritto al partito, non da tecnico neutrale. In realtà fu una partita tutta interna ai gruppi dirigenti del Pd, di cui tu facevi parte.
Io no, non c’ero: non sono mai stato iscritto al Pd, non mi ci riconoscevo né mi ci sono mai riconosciuto.
In realtà non si volle Rita alle primarie perché si sapeva che avrebbe goduto del consenso popolare: fu la paura di perdere che vi fece rifugiare nei meandri legulei.
E, a dirla tutta, credo che faccia difetto a molti una analisi di quel periodo poiché si è ancora in presenza – a otto anni di distanza – di un alone di simpatia e di buon governo con cui è ricordata Rita.
In altre parole, caro Maurizio: la città come la regione era spaccata.
Io e altri eravamo da una parte (perché Rita con un terzo mandato proseguisse il lavoro in essere e garantisse nel quinquennio un ricambio all’altezza dei compiti), tu eri dall’altra parte (perché si attuasse subito un ricambio, cosa che portò a primarie fortemente divisive).
Tutto qua: credo che siano stati legittimi e politicamente corretti sia il tuo, sia il mio comportamento (come ovviamente di tutti coloro che erano sia nell’una, sia nell’altra parte).
Il punto non è chi è stato corretto e chi no: il punto è se quello è stato un errore politico o no per il territorio regionale e cittadino, se è vero o no che in quel periodo e in quel contesto si misero le radici per una divisione fra gruppi così devastante da non far ritrovare più un’identità di centro sinistra oggi a otto anni.
Diciamola tutta: l’esito devastante delle ultime politiche sta sfarinando anche le appartenenze di gruppo. Cosi prima si è rotta l’unità progressista rifugiandosi nell’appartenenza a gruppi, poi si sfarinano anche i gruppi.
Come vedi, caro Maurizio, i problemi travalicano i nostri curricula: ma se non partiamo dagli errori commessi si rischia di essere indifferenti, senza capacità di reazione di fronte ai reiterati razzismi, populismi, derive post-democratiche.
I nostri curricula sono segnati dalle sfide e dagli errori: solo chi non scende nell’arena non rischia sconfitte, graffi e ferite.
Ma chi non lotta è fra coloro di cui Dante ha detto “non ti curar di lor ma guarda e passa”. Io penso che non dovremmo finire in quell’anti-inferno e che dovremmo metterci al servizio di un profondo rinnovamento della politica nella crescita di nuove classi dirigenti, nel segno di un’unità progressista adeguata a questi tempi difficili e rischiosi. Magari possiamo confrontarci pubblicamente, se sei disponibile. Ci stai?

Con un caro e cordiale saluto,

Giorgio Raggi.

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