Venezia, in Comune di Foligno
Tutto è cominciato così, con un paio di servizi televisivi e l’apertura della nuova SS 77, in barba allo svincolo sulla Sellanese. Oggi Rasiglia – la piccola e fresca Venezia dell’Appennino umbro – è presa d’assalto da un fiume di turisti mordi e fuggi. In verità più fuggi che mordi, dato che da mordere – in senso lato, ma anche nel senso più stretto del mettere sotto i denti – c’è ben poco. Sì, c’è la convincente avvenenza del luogo, c’è Penelope, il Presepe vivente, la limpida peschiera, i rivoli gorgoglianti che attraversano le abitazioni, ma mancano le strutture indispensabili ad un minimo di ospitalità: ristoranti, agriturismi e alberghi. È naturale che prosperino i porchettai alle porte del paese. L’“Associazione Rasiglia e le sue sorgenti” chiede interventi al Comune di Foligno perché gestisca al meglio la risorsa: “Vogliamo soluzioni, non divieti”, alludendo alla necessità di parcheggi e di bagni pubblici, per non costringere gli abitanti ad ospitare gli incontinenti turisti nei bagni delle loro case. Intanto il genius loci gorgoglia da Capovena alla confluenza con il Menotre e il fascino di Rasiglia sopravvive grazie al recupero dell’ornato urbano, dei muri dissestati, delle fontanelle, dei lavatoi, dei canali ruinosi e delle profumate fioriere. Bene, ma non benissimo. Per chiudere il cerchio va ancora messo a sistema il ciclo della lana e della tessitura, secondo i canoni tramandati dai protocolli d’archivio. Occhio all’euforia perché il miracolo si sta già trasformando in fuffa. Fanno piacere la visibilità e i riconoscimenti televisivi, ma il consolidamento del brand non ha nulla a che fare con il ciarpame e la paccottiglia.
GIOVANNI PICUTI