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ENNESIMO COLPO ALL’OCCUPAZIONE. IL CASO “ALTHEA” SUI TAVOLI ISTITUZIONALI

Delocalizzare: un verbo che non lascia scampo ai territori che colpisce. Stavolta i suoi effetti travolgono le sorti della EBM, Elettronica Bio Medicale di Foligno; circa 45 dei 60 dipendenti saranno trasferiti a Roma e Milano dopo la scelta di chiudere lo stabilimento di via Bettini, nella zona industriale La Paciana a Foligno. A stabilirlo il piano di razionalizzazione del gruppo Althea Italia che dal 1° luglio acquisisce l’azienda folignate fondata nel 1978, nel 2008 entrata in TBS Group, leader europeo nel settore dell’Ingegneria Clinica. Il piano industriale reso noto lo scorso 21 giugno non offre scelta ai lavoratori, inducendoli al dislocamento da Foligno verso Roma e Milano. Prendere o lasciare: un trasferimento che, affermano le organizzazioni sindacali, sa di licenziamento mascherato.

LA MOBILITAZIONE DI COMUNE E REGIONE
Immediata la presa di posizione del sindaco di Foligno Nando Mismetti che venerdì scorso aveva rivolto il suo appello alla Regione Umbria affinché la vertenza fosse posta all’attenzione del ministero del Lavoro. “Non credo sia accettabile – aveva dichiarato – che venga chiuso un presidio di ricerca e di innovazione”. Altrettanto immediata la reazione degli uffici regionali che in una nota parlano di “forte preoccupazione” dopo la presentazione del piano industriale di Althea, multinazionale con 1.600 addetti in Italia, di cui 200 in Umbria. Da qui l’annuncio della convocazione nei prossimi giorni di un incontro con enti locali e rappresentanze sindacali.

L’APPALTO CON LE AZIENDE SANITARIE IN UMBRIA
Non sono solo le sedi di Foligno e Fisciano, in Campania, (con 80 lavoratori trasferiti in totale) le unità operative coinvolte nel progetto di “ristrutturazione”. Saranno chiuse infatti anche la sede operativa di Ponte San Giovanni (ex Delta X srl) e quella di Bologna (ex Ing. Burgatti spa) cui si aggiunge la sede per il personale amministrativo di Vicenza e il “ridimensionamento” degli uffici dell’unità di Gualdo Tadino (ex Crimo).
Un particolare non di poco conto se si considera il fatto che il Raggruppamento Temporaneo di Imprese di cui EBM era mandataria a fine 2017 è risultato vincitore nella procedura di gara per la gestione e manutenzione delle apparecchiature sanitarie di Asl e aziende ospedaliere umbre. Per il RTI un appalto triennale da 34milioni 492 mila euro iva esclusa, rinnovabile per ulteriori tre anni, il quale prevede la presenza di alcune strutture che invece verranno chiuse come il laboratorio tecnico/magazzino garantito dalla sede EBM alla Paciana e un centro servizi a Ponte San Giovanni. La presenza sul territorio regionale del RTI con a capo EBM era stata valutata positivamente per la “radicata organizzazione e presenza operativa” oltre che logistica; rilevante anche il “personale tecnico ingegneristico con esperienza nello specifico appalto”.

ECCELLENZA IN PERICOLO
“Seguiamo la vicenda nella considerazione che questo processo di razionalizzazione comporterebbe l’abbandono di alcuni siti produttivi: un fatto certamente non positivo perché potrebbe portare ad un progressivo impoverimento – commenta alla Gazzetta di Foligno l’assessore regionale alla Sanità Luca Barberini – e ad un abbassamento della qualità dei servizi. Se l’offerta (dell’RTI capeggiato da EBM, ndr) valutava e presupponeva la presenza sul territorio, questa dovrà essere garantita; di certo verificheremo la piena e totale rispondenza ai parametri forniti. Dapprima – prosegue Barberini – avrà luogo l’ incontro sulle politiche industriali e poi valuteremo la rispondenza ai parametri dell’offerta e le eventuali ripercussioni sui servizi alla Sanità umbra”. I timori riguardano la capacità della nuova proprietà di garantire gli elevati standard di qualità assicurati finora dai servizi forniti dalle varie società del gruppo TBS/EBM, i quali hanno contribuito a far ottenere alla Sanità umbra il riconoscimento di prima regione “benchmark”, cioè di riferimento per la Sanità italiana, anche per stabilire le quote di riparto del Fondo sanitario nazionale. L’Umbria, sulla base dell’Indicatore di Qualità e di Efficienza (IQE), è risultata prima superando altre quattro regioni come Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Marche. Il non mantenimento di questi standard potrebbe nel tempo ripercuotersi non solo sui lavoratori ma anche sull’efficienza del nostro sistema sanitario locale.

RAPPORTO ISTAT SSL, DISOCCUPAZIONE AL 10,5% IN VALLE UMBRA
Mario Bravi, presidente Ires Cgil Umbria, commentando l’ennesima vertenza fornisce i dati del rapporto ISTAT sui sistemi locali del lavoro (SSL) uscito proprio in questi giorni. Foligno con altri 5 comuni (Valtopina, Spello, Montefalco, Trevi e Bevagna) costituisce uno dei 14 sistemi locali del lavoro dell’Umbria. I dati relativi alla fine del 2017 ci dicono che in questo nostro territorio che conta 83.167 abitanti gli occupati sono 33.000 e i disoccupati 3.700 con un tasso di disoccupazione pari al 10,5%. “Quindi – spiega Bravi – abbiamo di fronte a noi una fotografia più che preoccupante, che si accentua se teniamo conto che l’80% dell’occupazione creatasi negli ultimi anni è caratterizzata da lavoro povero e precario. Il lavoro – conclude il presidente di Ires – è scarso e sempre più povero e precario. È evidente che occorre uscirne con politiche economiche alternative che richiedono un piano del lavoro territoriale che abbia al centro diritti e dignità”.

FEDERICA MENGHINELLA

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