Diana de Paulo Roscioli alla mostra su Bernini per i vent’anni della Galleria Borghese
La festa per i vent’anni della Galleria Borghese, culminata con la storica mostra su Bernini, ha visto la presenza di un’invitata d’eccezione da Foligno. Si tratta di Diana de Paulo Roscioli, o meglio del suo busto marmoreo opera di Gian Lorenzo Bernini che per qualche giorno si è separato da quello del marito Bartolomeo, accanto al quale è conservato nel Museo Capitolare Diocesano, per essere esposto nel prestigioso museo romano. La mostra si inserisce nell’itinerario di visita della Galleria, arricchendo il “percorso berniniano” caratterizzato da molti tra i capolavori dell’artista con numerose opere provenienti da altre collezioni. Tra i busti, che documentano in maniera esaustiva la qualità di apprezzato ritrattista di Bernini, fa bella mostra di sé quello della donna folignate. Il marito Bartolomeo Roscioli, facoltoso proprietario terriero originario di Roccafranca, era entrato nella cerchia di Maffeo Barberini (il futuro Urbano VIII) al tempo dell’episcopato spoletino (1608-1617) e fu chiamato a Roma come suo cameriere segreto dopo l’elezione a pontefice nel 1623, andando a vivere con la moglie in un palazzo presso la Fontana di Trevi. Il busto di Bartolomeo, di qualità superiore e certamente opera dell’artista, è stato probabilmente eseguito dal vero attorno al 1625-1630, mentre quello di Diana è stato eseguito prima del 1640, postumo e forse sulla base di un ritratto dipinto. Esso presenta un certo interesse essendo l’unico ritratto femminile presente alla mostra insieme con quello di Costanza Piccolomini, più celebre e originale nell’esecuzione: la partecipazione della bottega in questo caso è suggerita dall’esiguità della spesa sostenuta (una canestrina d’argento e dieci canne di stoffa di taffetà) e da una certa schematicità dell’esecuzione, resa viva dal volto leggermente girato e dalle labbra dischiuse. Committente dell’opera fu monsignor Giovanni Maria Roscioli, figlio della coppia, designato da Urbano VIII coppiere e maestro di camera, il quale aveva assidui rapporti con l’artista che partecipò alle sue esequie progettandone forse gli addobbi. Da Palazzo Roscioli i busti sono pervenuti con lascito testamentario al Capitolo della Cattedrale nel 1709: precedentemente conservati nella sacrestia, dal 2008 sono stati trasferiti al Museo.
FABIO MASSIMO MATTONI