“La Chiesa cura l’anima, lo sport il corpo”. Don Federico, il prete maratoneta
Federico Claure è un piccolo grande uomo di origini argentine arrivato ormai da anni in Italia per i suoi studi filosofico-teologici e accolto come un figlio nella città di Assisi, dove è diventato sacerdote e segretario del vescovo monsignor Domenico Sorrentino. La sua profonda dedizione allo studio e il suo impegno verso il prossimo con umanità e rispetto, si sono sempre mossi di pari passo con la passione per lo sport che, nel suo caso, coincide con la corsa. Correre per distendersi e rigenerare il corpo e la mente. Correre per respirare, per sentire la terra sotto i piedi, per mettere alla prova le proprie capacità fisiche ma soprattutto la propria forza di volontà e convinzione mentale nel cercare di arrivare fino alla fine. Senza compromessi, senza farsi del male, superando la fatica e il dolore fisico vivendo ogni passo in avanti con la consapevolezza del proprio corpo, delle proprie capacità e del traguardo che si vuole raggiungere. L’obiettivo di padre Federico è semplicemente quello di “stare bene”, “sentirsi bene” per dare sempre il meglio di sé, nello studio, nella vita e in relazione agli altri. “La Chiesa cura l’anima e il cuore ma solo lo sport è capace di curare il corpo – ci ha spiegato padre Federico Claure – credo profondamente nell’unità, nella sinergia e nell’equilibrio tra corpo e mente, tra il fisico e l’anima che si incontrano e regalano vitalità, energia e forza alla persona solo se sono in armonia con se stessi e tra di loro. Un obiettivo non sempre facile da raggiungere ma importante per vivere serenamente. E il segreto che sta alla base di una vita serena è quello dell’essere in pace con Dio, con gli altri e con se stessi. L’armonia del creato, la bellezza delle piccole cose o dei più semplici ma grandi gesti ci devono donare la serenità e l’equilibrio dentro di noi. La felicità nell’acquistare sempre nuovi oggetti è solo passeggera, effimera e destinata a scomparire rapidamente lasciando un vuoto incolmabile. Così come la sola cura estetica. Svanisce senza averci arricchito di nulla. L’equilibrio nella semplicità, invece, è il dono più grande, quello che rimane e ci rende forti e capaci di andare avanti nei momenti belli e brutti della vita”. Così, percorrendo a piedi le strade della vita sulle sue scarpe da ginnastica e donando le sue parole agli altri con la pacatezza che sa aprire il cuore e la mente, padre Federico è arrivato anche a partecipare nel marzo scorso a un’impresa a dir poco ardua: la maratona di 42 chilometri della città di Gerusalemme, una delle più difficili al mondo per i dislivelli da affrontare. La città santa non è nuova a padre Federico, ci vive infatti già da tre anni per completare, arricchire e approfondire i suoi studi che andranno poi a sostanziare la vocazione della città di Assisi come modello di dialogo interreligioso con l’Ebraismo e l’Islam. Percorrere 42 chilometri, però, ha rappresentato per lui una novità assoluta e anche una straordinaria prova di coraggio e forza interiore e fisica (per la quale ha dovuto allenarsi seriamente). Ma non era solo. Accanto a lui per tutto il percorso e fino all’arrivo (chiuso con lo stesso tempo cronometrico), l’amico e sportivo Tiziano Severi Pierini che, accompagnando padre Federico ha unito all’amicizia e all’amore per lo sport, anche la conoscenza di una delle città più belle ed emozionanti al mondo: “Da solo puoi arrivare più veloce – ha precisato Tiziano – ma insieme puoi arrivare più lontano e in sinergia”. 42 chilometri in un tempo record di 4 ore e 30 minuti accanto a siti culturali, religiosi e archeologici di rilievo mondiale e in mezzo a corridori provenienti da tutto il mondo. Sulle spalle, per tutto il tempo, una scritta stampata in giallo su fondo nero per portare un messaggio di pace e di amore per la vita e per il prossimo: “I bless you life”, “Ti benedico vita”. Parole volate dall’Umbria a Gerusalemme per ricordare la bellezza della vita e l’importanza del dialogo. Un messaggio, apprezzato, sostenuto e condiviso da tutti i partecipanti a questo grande evento. “Il sacerdote deve stare vicino e accanto alle persone – ha detto padre Federico Claure – deve rimanere uomo tra gli uomini e portare pace, amore, fratellanza e serenità”.
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