Il “Camp Nou” a Santo Pietro Kempes, Altobelli e Virdis deliziano il pubblico. Cronaca di un pomeriggio particolare al Blasone di Foligno
Il vostro inviato speciale manca dal Blasone da più di trent’anni. Credo fosse la stagione ‘82/’83, quella della promozione in serie C. Gli avversari si chiamavano, fra gli altri, Cerretese e Sant’Elena. Re di Roma era Falcao. Presidente della Repubblica Sandro il grande, che di rientro dal Bernabeu fece coppia con Zoff per una partita a scopa (e si arrabbiò pure). Presidenti del Consiglio Spadolini e Fanfani (V, come un sovrano), prima dell’esordio di Craxi nella massima serie. Negli Usa era il tempo di Ronnie. Negli spot furoreggiavano la 7up e la Fiat Regata. Gigi Proietti era il fromboliere centravanti di Fantastico 4, prima dell’era firmata da Diego Armando Baudo. Le cortine erano rimaste più o meno di ferro. Tanti anni: ero un ragazzetto. Sarà per questo che, salendo le scale della gradinata, mi affaccio oggi sul prato del Camp Nou. La giornata è solare, anche se piove. In collegamento da Como Sandro Ciotti sentenzia, testualmente, che «il lago avrebbe ispirato al Manzoni pagine definitive» (sic). Il vostro inviato non può essere da meno, e non solo risponde che oggi il Topino avrebbe ispirato a Dante una terzina indefinita (va bè, se non una terzina almeno un verso, un emistichio, una porzione di verso, tanto con i Primi siamo in tema), ma che lo stadio è gremito in ogni ordine di postazione, rutilante di tamburi e scintillante di colori. Ci si mette anche Enrico Ameri, in diretta dall’Olimpico, pontificando sul volo di Olimpia, l’altèra e superba aquila della Lazio, e allora chiedo al tecnico del suono di zummare sui cori inneggianti ai nostri rapaci biancazzurri, che certo passeretti non sono. Tutto troppo bello: aggiungo che la ventilazione è inapprezzabile (prima che Pizzul mi preceda) e che alla lettura delle formazioni un olé imperioso porta in alto i nomi degli eroi, mentre una salva di fischi affonda la legione del Campitello. La partita inizia bene per il Foligno; già al quarto, ben servito da un lancio lungo, il centravanti falconide ha l’occasione buona per mettere subito i puntini sulle i, ma spara alto. Mi accorgo di un problema: non conosco nessuno dei giocatori del Foligno e gli addetti stampa del Fulginium Stadium non hanno dotato il vostro inviato di copia cartacea delle formazioni. Poco male: il tiro del numero nove folignate mi ha ricordato le movenze di Kempes e quindi lo battezzo Mario Alberto Kempes, da qui al novantesimo. Al quarto d’ora arriva il primo fischio di Casarin: partita corretta, ma maschia. Il Foligno fatica a liberare il gioco sulle fasce; il Campitello imbriglia i falconidi a centrocampo e fra il ventesimo e il ventottesimo prova anche a pressare, grazie soprattutto al suo numero due, giovanotto interessante dai piedi buoni, Ardiles. Un signore accanto a me mi chiede se il Foligno giochi con il quattro-quattro-due: lo rassicuro che sono comunque in undici e mi guarda sospettoso. Alla mezz’ora tambureggiante azione del Foligno che, nel frattempo, interroga più spesso le linee laterali, cercando di sfuggire alle geometrie del Campitello, manovriero a centrocampo. Cuccureddu apre sulla sinistra, parte un buon cross sul quale stacca Bucciarelli (l’unico falconide che io conosca: ma somiglia ad Altobelli e quindi, come sopra, sarà Bucciarelli Altobelli fino al triplice fischio. Ruoli diversi, lo so, ma le ragioni di rima sono ineccepibili, no?). Cross, dicevo, colpo di testa ma pallone facile preda di Preud’homme. Arrivano intanto notizie dagli altri campi: la Lazio sta travolgendo il Sassuolo e le Viole sono in vantaggio sull’Assisi per 1 a 0 (biblico l’esodo dei tifosi delle Viole a piedi fino allo stadio di Assisi!). Il mister biancazzurro s’innervosisce. In più da Torino arriva la comunicazione del doppio vantaggio dei Granata sul Verona. Fra il trentatreesimo e il trentacinquesimo il Foligno spreca vantaggio e raddoppio: prima il numero sette – e quindi Bruno Conti per antonomasia – spara agli storni, poi ancora Kempes sbaglia clamorosamente facendosi parare un gol già fatto. Sugli sviluppi del calcio d’angolo Preud’homme, esaltato per il notevole intervento precedente, compie un autentico miracolo. Ma è il preludio del gol. Quarantacinquesimo: Oriali buca la difesa del Campitello e si avvia verso la porta. L’intervento di Benetti è dentro o fuori l’area? Lo Bello (era Casarin va bene: però facciamo che sono tutti e due, un po’ per uno) indica il dischetto. Il Camp Nou ribolle; dal settore ospiti si levano fischi e fumogeni. C’è chi invoca la Sars, o comunque si nomini l’infallibile oracolo, ma siamo in Champions, altro stile: rigore. Dal dischetto realizza il Totti de noantri, il dieci. Mister Armillei respira. Nella ripresa il Campitello si fa sotto. Ardiles macina chilometri, ma i cross non raggiungono la cannoneria rossoblù: anzi, è il Foligno ad andare vicino al raddoppio, ma sbaglia troppo negli ultimi venti metri. Si fa vedere il Campitello, con una bella girata del suo centravanti, Dzeko, ben servito da Manolas. Dall’Olimpico giunge notizia che la Lazio ha chiuso il primo set 6 a 1. Si può essere da meno? Al ventiquattresimo Donadoni s’invola sulla trequarti, serve Renica che prolunga per Kempes: il tiro del centrale falconide subisce la deviazione di Marcelo e finisce in gol. Sul due a zero la partita si mette decisamente in discesa per il Foligno. Il Campitello prova a forzare la linea difensiva biancazzurra con inserimenti di forze fresche, ma è di nuovo Ardiles ad impensierire il portiere di casa (che dalla tribuna stampa pare Peruzzi, dai!). La partita, a questo punto, non ha altro da dire, se non, al novantesimo, il terzo gol di un Foligno complessivamente buono, forse un po’ sprecone e poco preciso, ma nel complesso convincente. Il terzo gol? Alla Virdis. Al triplice fischio finale esplode la gioia dei cinquantamila e io già penso al pollo che mamma avrà preparato per cena, alla versione da riguardare, a Paolo Valenti che dà la linea a Luigi Necco, alla Domenica Sportiva e a tutti i servizi dagli altri campi. Mentre esco dallo stadio si rannuvola un po’. Fa pure fresco. Grazie a Enrico Ameri; grazie a Sandro Ciotti. Dal Camp Nou, per adesso ancora Catalogna, è tutto. La linea può tornare a Roma, al direttore Presilla. (The main event, Ils sont les meilleurs, Sie sind die Besten, These are the champions the champion… Sfumano le note dell’inno Champions League ).
GUGLIELMO TINI