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Piano Sanitario Regionale e continuità assistenziale

Il nuovo Piano Sanitario Regionale, che ormai è in via di formazione, non dovrà solo razionalizzare gli ospedali, come appare dalla discussione sui media, ma occuparsi dell’assistenza sanitaria nel suo complesso, tenendo il dovuto conto anche della medicina del territorio e realizzare piena integrazione tra ospedale, distretto e medicina generale.

In Umbria fin dal 2002 è stato siglato un accordo con le rappresentanze dei medici di famiglia sul tema, poi aggiornato con quello del 22 settembre 2006.

Nell’accordo si stabiliva di riorganizzare la continuità assistenziale (ex guardia medica) prevedendone la piena integrazione nelle “equipe territoriali” dei medici di famiglia (si immaginavano già le associazioni?) e di “potenziare le stesse disponendo, tra l’altro, una collaborazione attiva” tra i medici di continuità assistenziale e gli stessi medici di medicina generale, “con supporto amministrativo adeguato” e dotazioni di personale infermieristico.

L’accordo trovava poi forza, in particolare in tema di associazioni dei medici di medicina generale, con il cosiddetto Decreto Balduzzi del 2012, ma sembra che alcune iniziative avviate in Umbria non abbiano avuto piena attuazione

Si può però immaginare che i medici di famiglia si associno, per garantire assistenza continua, in collaborazione con i medici della continuità in un unico studio a tal fine attrezzato, persino nelle 24 ore e nei giorni festivi e prefestivi.

Studi e analisi condotti nel 2013 dalla Fondazione Istud in tema di associazioni dei medici di famiglia, mediante una ricerca sugli atti ufficiali di tutte le regioni italiane, condotta con il patrocinio di Cittadinanzattiva, Fed.It. Medici di medicina generale, Federsanità ANCI ed altri, mostrano che “trovare sempre qualche medico referente nello studio medico di famiglia quando il medico non è reperibile” riduce “del 50% il ricorso al pronto soccorso, del 50% il ricorso alla guardia medica e addirittura del 75% il ricorso a medici privati a pagamento”.

I cittadini, laddove c’è stata realizzazione della cosa, sembrano quindi soddisfatti. Cito due delle loro motivazioni tra quelle riportate nello studio citato: “c’è sempre un medico secondo gli orari del mio e tutti hanno la mia cartella clinica con farmaci ed eventuali prescrizioni”, e ancora: “orari di apertura che coprono per la maggior parte della settimana l’intero arco della giornata”.

Nell’Atto di indirizzo approvato dal Comitato di settore Governo-Regioni il 13 aprile 2016 si dà il via ad una assistenza garantita per 16 ore e 7 giorni su 7, con studi aperti dalle 8 alle 24 mentre nelle ore notturne entra in campo il118, eliminando anche le file al Cup con le prenotazioni negli studi dei medici.

È prevista anche l’assimilazione dei medici di famiglia e della guardia medica in un ruolo unico.

Nell’intesa Ministero-Regioni-Sindacati del 4 marzo 2017 non tutto è risolto, e la continuità nelle 24 ore resta per ora ferma a pochi esempi, ma la discussione sembra sbloccata.

Il Piano Sanitario Regionale potrà quindi verificare se esistano spazi per migliorare ancora la organizzazione delle cure primarie, con la realizzazione diffusa e piena dell’associazione dei medici di medicina generale, in integrazione con la continuità terapeutica, magari nell’organizzazione delle “case salute”.

Forse tutto ciò, anche mediante la dotazione della strumentazione che permetta l’effettuazione di prime analisi, accertamenti diagnostici di base e piccola chirurgia senza per essi ricorrere al pronto soccorso o comunque ai servizi ospedalieri potrà determinare in qualche misura una riduzione delle file di attesa.

PIETRO PERGOLARI

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