Pandemia e poco personale, mix letale in corsia
Il caso del medico morto in Puglia dopo aver lavorato 24 ore in ospedale accende di nuovo i riflettori sulla situazione di grande difficoltà del sistema sanitario. Il dottor Lucio Patoia: “condizione simile in tutta italia, ma noi reggiamo”
Stroncato da un infarto dopo 24 ore di lavoro in corsia. Il drammatico fatto arriva dalla Puglia dove un medico è morto in ospedale dopo turni di lavoro massacranti, causati dalla mancanza di personale e da un impegno sempre maggiore dei sanitari anche sul fronte Covid-19. Pandemia che, quest’estate, a differenza delle altre, non ha concesso un attimo di respiro negli ospedali. Sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta da parte della procura di Taranto. Il triste episodio ha acceso il dibattito anche nel mondo medico. A prendere posizione è stato Franco Mastroianni, presidente Fadoi Puglia (Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti), che ha sottolineato come il “burn out dei medici e degli operatori sanitari è una problematica nota” causata dalla “cronica carenza di investimenti nelle strutture sanitarie”. Per il medico, “il burn out non è solo un problema di ore, ma anche di qualità del lavoro”. Ma quella pugliese non è certo una situazione isolata. In tutto lo Stivale il problema sembra essere pressoché simile. Ne abbiamo parlato con Lucio Patoia, primario di Medicina interna dell’ospedale di Foligno e presidente umbro della Fadoi.
Dottor Patoia, il terribile fatto di cronaca che arriva dalla Puglia sembra essere l’ennesimo campanello d’allarme della sanità…
“È così. Questa situazione non è solo pugliese, ma riguarda tutta Italia. Mancano medici e, più in generale, personale sanitario. Era una problematica già presente prima del Covid e legata a vari fattori, soprattutto alla sproporzione tra professionisti che vanno in pensione e nuove assunzioni. Quest’ultime, per motivi economici, sono rimaste bloccate per lungo tempo. Poi la pandemia ha dato il colpo di grazia. Il Covid-19 ci ha chiesto di assistere i pazienti raddoppiando i turni, visto che ora dobbiamo seguire le persone affette dal virus e tutti gli altri pazienti. Senza dimenticare che il Coronavirus richiede tempo per essere gestito tra vestizioni, svestizioni e via dicendo. L’estate è poi il periodo più difficile, perché tutto ciò si somma alla necessità di far riposare le persone. C’è carenza di medici in generale, ma soprattutto di quelli di Medicina interna, Pronto soccorso e Medicina d’urgenza, settori dove c’è un carico maggiore di pazienti e, con il Covid, ancora di più. Per fare un rapporto, su 100 pazienti 70-80 sono in Area medica, circa 20-30 in Chirurgia”
E nel nostro territorio com’è la situazione? Dopo due anni si è perso tempo?
“Mediamente direi di no. Nonostante sia stato uno di quelli che ha ‘battagliato’ per far valere le ragioni dei medici, devo dire che il nostro direttore generale (della Usl2, ndr) ha compreso le nostre esigenze. Devo dire che a Foligno siamo stati messi nelle condizioni di reggere e reggiamo. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare l’Azienda perché ci ha ascoltato. Certo, a volte arriviamo anche al 100% in più di pazienti da curare rispetto a prima della pandemia, ma con il prolungamento dei contratti per Covid riusciamo a reggere. Sicuramente si potrebbe fare sempre meglio, ma sento di dire che riusciamo a raggiungere un livello adeguato. Posso capire che a livello di percezione, i parenti di chi è ricoverato non siano sempre contenti, ma dobbiamo fare una scelta. E abbiamo deciso di concentrarci di più sulla cura del paziente, ma questo comporta meno tempo per parlare con i parenti di chi è ricoverato. C’è comunque da dire che al momento forniamo tutti i giorni notizie agli interessati, individuando un referente per ogni famiglia”…
Di FABIO LUCCIOLI
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