Comunicazione siccitosa
Nei giorni in cui diversi sindaci dell’Umbria emettavano ordinanze per limitare l’uso di acqua potabile vista l’emergenza siccità, a Foligno tutto taceva (almeno fino alla stampa di questo numero). Ora, le strade sono due: o in città l’ondata di caldo non basta per lanciare un “appello” per ricordare a tutti di evitare sprechi, oppure nessuno ha avuto il “piacere” di comunicare alla cittadinanza e agli operatori dell’informazione cosa stava e sta tutt’ora avvenendo. O almeno la nostra redazione non è stata così fortunata da ricevere risposte in merito. È avvenuto con il Comune. Si è ripetuto con Valle Umbra Servizi. Dopo aver provato a contattare diverse volte il sindaco, così come il responsabile delle reti idriche dell’azienda partecipata, non siamo stati degnati di poter contare su un minimo riscontro. Addirittura, nel caso di Vus, dopo il tentativo di un colloquio telefonico, siamo stati costretti ad inviare una mail per richiedere il rilascio di dichiarazioni. Lettera (digitale) morta. Partendo dal presupposto che si tratta di un dovere istituzionale – verso tutti – rendere note determinate informazioni, è altrettanto vero che in questa maniera il lavoro degli organi di informazione si complica terribilmente. Ma questo è solo l’ultimo di una lunga serie di casi, tutti molto simili. È per questo che una domanda sorge spontanea. È possibile avere un’informazione che vada oltre gli slogan e che possa, ogni tanto, rispondere anche alle domande poste e non per forza ricevere sempre comunicati “preconfezionati”? A quanto pare no. È per questo che al giorno d’oggi, alla siccità della terra, si aggiunge quella legata al mondo della comunicazione istituzionale. Un tema particolarmente sentito dagli addetti ai lavori del territorio, che troppo spesso devono fare i conti con uffici stampa pubblici inesistenti, telefoni che squillano a vuoto e risposte a mezza bocca. E non è più possibile continuare a “elemosinare” qualche informazione attraverso i proclami sui social, così come non è più possibile pensare che un’azienda pubblica al servizio di ventidue Comuni del territorio da troppo tempo non abbia un ufficio stampa funzionante o almeno un addetto stampa. Qualificato, s’intende. E se nella ridda dei pareri rischia di diventare soggettivo e di parte dire “la città è sporca”, “la città è pulita”, oppure che “la raccolta differenziata è meglio ora” o “era meglio prima”, possiamo dire, senza tema di smentita, che un settore che sicuramente non funziona nella partecipata (e in alcuni enti che la controllano) è quello del rapporto con la stampa e i cittadini. Perché se è vero che nell’era dei social siamo tutti comunicatori, non basta un post per poter informare bene o con professionalità. E, soprattutto, in un periodo storico in cui le “fake news” proliferano grazie ai social, i cittadini hanno ancor più sete di notizie vere, credibili e verificate. Ma da queste parti la siccità è una problematica che non sembra essere legata solamente al periodo estivo.
Di FABIO LUCCIOLI