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“Con il lavoro ho ritrovato la dignità”

Gli effetti della pandemia si fanno sentire anche nel Folignate, con la disoccupazione al 10,5%. Dalla sinergia Caritas-Fondazione Carifol dieci “Borse lavoro”: la storia di Emanuela, che grazie a una di queste è riuscita ad avere ancora speranza nel futuro

“La cosa più bella è tornare a svegliarsi la mattina sapendo di avere una prospettiva, di avere riacquistato la dignità. E per me, questa consapevolezza, è una cosa grandissima”. Gli occhi sono un po’ lucidi, la voce è leggermente incrinata dall’emozione. E in questa immagine c’è tutto: la preoccupazione per ciò che è stato, ma anche la speranza che il peggio sia ormai alle spalle. Emanuela è una delle tante vittime, insieme al marito, del crollo dell’economia successivo alla diffusione del Covid-19 anche nella città di Foligno. Avevano tutto, poi il lockdown ha infranto ogni loro certezza. “Il 90% del nostro lavoro si svolgeva a domicilio – racconta -. Mio marito lavorava come agente di commercio nel settore della salute. Anche io mi occupavo di benessere con servizi e prodotti pensati per la persona. In più, avevamo un piccolo appartamento destinato a casa vacanze. Quando, però, è scattato il lockdown, si è fermato tutto. Come tutti, ci siamo ritrovati chiusi in casa ma pensavamo si trattasse di una situazione temporanea e che avremmo potuto far fronte alle nostre esigenze. Così, abbiamo cercato di mantenere i contatti con i nostri collaboratori e ci siamo concentrati sui nostri figli”. Nel frattempo le settimane passavano. “Siamo rimasti completamente bloccati da marzo ad agosto – prosegue – e la ripresa non è stata facile, soprattutto per il nostro tipo di attività. Essendo liberi professionisti, per mesi il nostro reddito è stato pari a zero, poi a settembre si è smosso qualcosa”. Ma ogni speranza è tornata ad infrangersi poco dopo. A ottobre, infatti, le nuove chiusure hanno imposto un altro stop, l’ultimo. Le spese fisse, però, sono rimaste. “A quel punto ho pensato di rivolgermi al sacerdote della mia parrocchia. Ho chiamato mia madre che vive a Roma insieme a mio padre e lei mi ha detto che se sentivo di voler fare questa cosa, avrei dovuto farla, perché la risposta l’avrei trovata solo provandoci. E così è stato. Don Carlo (Maccari, ndr) era arrivato da poco e non lo conoscevo ancora, ma appena gli ho chiesto aiuto mi ha subito indirizzato alla Caritas. È stato un passo importante, ma avevo mio marito a sostenermi. ‘Se pensi sia questa la strada giusta – mi ha detto -, percorriamola’. E quando a novembre dello scorso anno ho varcato la soglia dell’ufficio del direttore della Caritas, mi sono sentita meglio… (…)

di MARIA TRIPEPI

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