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Se potessi avere … un “bazooka”

Il commercialista Giovanni Berti analizza il decreto liquidità: “Il “bazooka” di liquidità promesso – afferma – in realtà è una pistola ad acqua scarica”.

Il DL 8 aprile 2020 n.23, Decreto Liquidità, ha confermato il modus operandi del governo in questa fase emergenziale. Primo passo, la conferenza stampa che annuncia aiuti a pioggia per tutti, creando aspettative superiori rispetto al contenuto normativo. Un attimo dopo compare in rete una bozza del DL, con evidenti problemi attuativi, contraddizioni ed incertezze. Dalla conferenza stampa alla bollinatura trascorrono 50 ore in cui le associazioni di categoria, i professionisti e le banche, fanno sentire con vigore i loro mal di pancia. Infine, viene pubblicato il DL con il recepimento di alcune modifiche suggerite, anche in riferimento ai macroscopici errori del precedente Cura Italia.

Così, ad esempio, viene concessa la moratoria prima casa anche alle ditte individuali e ai soci delle società, la cui esclusione, incostituzionale, è stata trattata nell’articolo Autonomi e imprenditori: la beffa dei mutui prima casa”, oppure viene sterilizzata la proroga dei due anni di accertamento, si veda “Il fisco, amico opportunista”, anche se il risultato non è tecnicamente brillante.

L’argomento che ha entusiasmato molti e deluso i più consapevoli è il “bazooka” di liquidità promesso che in realtà è una pistola ad acqua scarica.

Le perdite si dovrebbero coprire con il capitale, non con l’indebitamento, ma il Governo ha ben pensato di aiutare le imprese e i professionisti a indebitarsi, prestando garanzie, con diverse percentuali a seconda del fatturato del soggetto richiedente.

Dalla lettura dell’art. 13 emergono alcune perplessità operative. Prima fra tutte la garanzia al 100 %, prestata sui finanziamenti sino a 25.000 euro, sottostà alla previa autorizzazione della Commissione Europea, affermazione che suscita un certo disappunto; ci si chiede, poi, per quale motivo, se il Fondo di garanzia interviene in modo automatico, gratuito e senza operare alcuna valutazione, il soggetto finanziatore debba erogare il finanziamento, non a tasso 0 e con commissione di garanzia dovuta alla SACE, subordinatamente alla verifica formale del possesso dei requisiti, che tra l’altro non vengono specificati. Il sospetto è che, quei soggetti che avevano difficoltà di natura finanziaria prima dell’emergenza Covid-19 con esposizioni nei confronti del soggetto finanziatore scadute o deteriorate, non siano finanziabili.

Altro interrogativo, vista l’attuale difficoltà nell’avvio delle istruttorie, sono le tempistiche. L’operatività delle banche è ridotta a causa del look down, le procedure sono ingolfate già in questa fase. Il carico di lavoro extra dovrà essere gestito con procedure di emergenza “nuove” o si rischiano, non solo rallentamenti, ma lunghe liste di attesa.

Il rischio concreto è quello di determinare un popolo di indebitati, ancorché garantiti, a rischio default nel medio periodo, in particolare quelle aziende di piccole dimensioni che già soffrivano la troppa pressione fiscale prima dell’emergenza che magari utilizzeranno questa potenziale liquidità per il pagamento delle imposte dovute il prossimo giugno.

Soluzioni alternative all’indebitamento esistono, si sarebbero potuti erogare contributi in conto capitale o meglio ancora favorire l’equity, di soggetti terzi o istituzionali, agevolando anche l’aggregazione delle imprese. Speriamo esista una Fase 2 per tutto questo.

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