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Mascherine requisite: “Io immunodepresso fra rischio e discriminazione”

Intervista ad un lettore folignate immunodepresso che racconta dell’acquisto e del sequestro di 50 mascherine, comperate online e dirottate a un centro salute del ternano. “Noi malati discriminati e a rischio contagio”

La speranza è che venga fatta giustizia modificando l’ordinanza con cui il commissario Arcuri concede all’Agenzia delle Dogane il potere di disporre la requisizione di presidi sanitari medico-chirurgici.

Quella che raccontiamo è la storia di un folignate che ha subìto un trapianto, ma potrebbe appartenere a migliaia di altri pazienti: oncologici, pneumologici, ematologici; umbri e italiani.

Una storia che racconta della enorme difficoltà nel reperire mascherine, indispensabili per chi deve tutelarsi non solo dal Coronavirus ma anche da un banale raffreddore. Una storia che nelle ultime ore rischia di complicarsi ulteriormente, dopo l’annuncio da parte dell’OMS di voler rivedere le proprie raccomandazioni, rendendo indispensabile l’uso di questo dispositivo di protezione individuale contro il contagio da Coronavirus.

Le Regioni italiane sul tema seguono ognuna percorsi diversi in un completo caos normativo: in Lombardia e Toscana le mascherine sono obbligatorie; in Veneto e Friuli Venezia Giulia lo sono solo nei supermarket; nelle altre – tra cui l’Umbria – si è ancora in fase valutativa. Addirittura il Comune di Gualdo Tadino da lunedì 6 aprile ha reso necessari mascherine e guanti con un’ordinanza.

Misure che per gli immunodepressi aggravano il problema del reperimento di questi dispositivi di protezione individuale. Anche e soprattutto per chi vorrebbe soddisfare in autonomia il proprio fabbisogno, senza appellarsi alle strutture sanitarie già gravate dall’emergenza e incapaci di soddisfare tutte le necessità.

“Sabato scorso – ci racconta il nostro lettore – sono venuto a conoscenza che le cinquanta mascherine chirurgiche acquistate il 23 marzo tramite Amazon sono state dirottate e consegnate per mezzo Poste Italiane a un Centro di Salute in Umbria. Questo è accaduto senza alcun preavviso né procedura di rimborso. Ho contattato il mittente per verificare l’esatta emissione dell’ordine e mi è stato dato riscontro positivo; il materiale è stato consegnato, quindi non è rimborsabile. Di conseguenza – ci spiega – ho contattato il corriere Poste Italiane che ha confermato l’avvenuta consegna controfirmata, ovviamente non dal sottoscritto. Invitandomi ad inoltrare reclamo sul sito di Poste Italiane non prima del 13 aprile”.

Peccato che il materiale in oggetto sia a lui necessario prima di quel termine temporale, dovendo fare controlli periodici in ospedale dove l’impiego delle mascherine è prescritto dagli stessi medici. Il dirottamento delle mascherine è del tutto legale e correlato all’ordinanza n. 06/2020 del 28 marzo, successiva alla data del suo ordine, firmata dal commissario straordinario Covid, Domenico Arcuri. Eppure la necessità dell’acquirente in questo caso è incontestabile.

L’Agenzia Dogane e Monopoli autorizza gli ordini delle mascherine dei privati per “ridotta quantità”, senza ulteriori specificazioni; ma i canali di vendita richiedono un numero minimo di acquisto, senza il quale non verrebbero spedite. Il nostro intervistato non ha desiderio di protestare formalmente o di tornare in possesso delle mascherine, oramai in dotazione a un Centro Salute del ternano. Resta però urgente la necessità di proteggersi: nella vita quotidiana e durante le frequenti visite specialistiche in un grande ospedale di Roma. Una necessità che è anche dei suoi familiari, i quali vanno a fare la spesa o si recano in farmacia. Con 50 mascherine mi spiega che sarebbe potuto andare avanti (in due persone) per un mese circa.

Il costo medio delle mascherine chirurgiche prima dell’emergenza era di 0,20 centesimi. Oggi è salito a 1,60€; altrove a 2,16€ fino a 3,4€ e persino 7 o 8€ a mascherina. Nel nostro territorio è instancabile, su questo versante, il lavoro della Guardia di Finanza, che chiede di segnalare gli episodi di sciacallaggio al 117. “Il problema – mi spiega il familiare di un immunodepresso – è che si troveranno mascherine e altri dispositivi a prezzi alti se l’ordinanza del commissario straordinario Arcuri non verrà tolta, perché di fatto impedisce il libero commercio e i privati cittadini dovranno essere sotto scacco di chi magari riesce ad approvvigionarsi ma a caro prezzo”.

Nel caso del folignate intervistato il sistema sanitario non può direttamente consegnare i DPI necessari? “Ho già constatato – ci spiega – che purtroppo l’ospedale non riesce a fornire a domicilio queste mascherine; di conseguenza è inevitabile che debbano essere acquistate personalmente”.

La Protezione civile locale gli ha dato la propria disponibilità nel consegnarne a domicilio qualcuna; una quantità limitata che non copre le sue necessità. “E poi – ribadisce con orgoglio – potrei acquistarle da me, non voglio gravare sulla rete di emergenza della Regione”.

Mi spiega che, essendo trapiantato da diverse settimane, sta seguendo pratiche di isolamento e acquisto di mascherine da molto prima dell’inizio della pandemia, quindi era fortunatamente provvisto di una quantità minima di scorta. “Non tutti nelle stesse mie condizioni – dice – potrebbero essere stati altrettanto previdenti”.

“A valle di questa esperienza – spiega l’intervistato – deduco che l’unico modo per acquistare le mascherine per me, soggetto immunodepresso e per tutti coloro nella medesima situazione, sia tramite commercianti e grossisti, come previsto dalla stessa ordinanza. Questo espone me e tutta la comunità di immunodepressi a qualità non selezionabili e prezzi non competitivi, con il rischio di essere soggetti a situazioni speculative. Inoltre, se fossi solo, sarei costretto ad uscire di casa per questo motivo di necessità, rischiando ulteriormente di essere infettato dal virus Covid e non solo”. In questo caso una rete familiare di cura provvede alle sue esigenze ma c’è chi non ha la stessa fortuna.

“Mi auguro che questa esperienza – conclude con amarezza – possa servire per sollevare la questione alle autorità competenti e che si possa trovare una soluzione. Oggi mi sento più discriminato che tutelato dallo Stato italiano, il quale, per sua Costituzione, non dovrebbe distinguere i cittadini sulla base della propria condizione di salute”.

FEDERICA MENGHINELLA

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