Il fisco, amico opportunista
Il Decreto “Cura Italia” è apparso sin da subito un rebus fiscale, un ginepraio di norme che a due settimane dalla pubblicazione lascia ancora molti dubbi interpretativi. Tutti concentrati sui possibili aiuti da ottenere e può non essere immediato comprendere che il decantato “amico” fisco, non sia poi così tanto amico.
Con una mossa mancina, degna di uno stratega, a fronte della breve sospensione concessa alle imprese e ai professionisti per versare le incombenze erariali di marzo, sono stati differiti di due anni i termini di decadenza dell’azione di accertamento per l’anno 2015 (art. 64 c. 4 DL 18 del 17.03.20), nonostante l’Agenzia delle Entrate non abbia interrotto le proprie attività, così come rappresentato nella relazione accompagnatoria all’art. 67.
L’articolo contestato richiama una norma (art. 12 del DL 159 del 2015) in cui il rinvio biennale è stato pensato per eventi eccezionali, come ad esempio un terremoto o un’alluvione, non certo una pandemia mondiale; pertanto, non solo si ritiene questa norma inapplicabile, ma, da un’attenta analisi, emerge un vizio nell’esercizio del potere legislativo, un eccesso di potere che determina una irragionevole ingiustizia manifesta. Tutto questo in barba allo statuto dei diritti del contribuente e soprattutto alla professata compliance fiscale.
È accettabile una cosa del genere in questi momenti? No, così non si fa, è una vigliaccata nei confronti di quei contribuenti che sono stati costretti ad abbassare le serrande e che ora dovranno patire un’ingiustificata proroga dei termini di accertamento di due anni, quando a questi sono stati concessi pochi giorni per pagare. Un decreto fatto di scadenze ballerine e disarmonia negli adempimenti, che non sta portando alcun giovamento al paese, ma che al contrario, sta incidendo sulla disaffezione al dovere solidaristico, che è alla base del nostro dovere alla contribuzione.
Se non c’è un clima di comprensione delle difficoltà e se i tentativi messi in campo dal Governo non rendono più paritario il rapporto tra fisco e contribuente, il legame che li unisce rischia di spezzarsi definitivamente. Lo dico con amarezza, perché vorrei credere in un fisco imparziale e nell’equità che dovrebbe essere alla base del nostro sistema fiscale.
Ma più di una volta, come oggi, mi sono dovuto ricredere
GIOVANNI BERTI, dottore Commercialista