La luce di cui abbiamo bisogno
Il clima natalizio è dato soprattutto dall’atmosfera; si tratta di qualcosa di unico, che permane nonostante le preoccupazioni per la crescente crisi economico sociale. Foligno si è preparata al Natale installando luminarie nelle piazze e nelle vie, programmando eventi e iniziative. Certo l’illuminazione serale del Palazzo Comunale è suggestiva, così come la luminaria posta a Porta Romana, che accoglie festante chi entra da sud e la stella cometa posizionata in Piazza S. Domenico. Ma la città ha bisogno solo di questo tipo di luci? Quale luce, ad esempio, vincerà il buio lasciato dai negozi che chiudono? Accendere la luce non significa solo inaugurare le luminarie natalizie, con musici e bambini festanti, è qualcosa di diverso, di più.
Francesco, commentando un brano del Vangelo, ha ricordato che il cristiano deve essere luce e sale. Nessuna delle due cose, ha osservato il papa, è per se stessa: “La luce è per illuminare altro; il sale è per insaporire, conservare altro”. Bisogna evitare di illuminare se stessi. Bisogna difendersi dalla spiritualità dello specchio. È ormai impellente “accendere la luce” anche sull’autoreferenzialità, sull’inerzia, sull’inefficienza, sui silenzi della politica, in un periodo in cui conta più l’apparire che l’essere. Quale è, in politica, il valore delle parole e il peso del silenzio? Ne “Le piccole virtù” Natalia Ginzburg analizza la natura del silenzio: “… tra i vizi più strani e più gravi della nostra epoca…”.
Quando la politica tace su fatti importanti, che dovrebbero servire da esempio di buona politica e di comportamenti sociali sani, allora il silenzio è omertoso. Non c’è più il silenzio che incontra la verità, ma subdolamente la nega. Una Amministrazione che vuole rappresentare il cambiamento deve accendere realmente la luce, garantendo la massima trasparenza, tutto deve essere “visibile”; deve aprirsi alla comunicazione, alla comprensione dell’altro, deve favorire, incentivare la partecipazione dei cittadini alle scelte che li riguardano, deve confrontarsi con i singoli e le parti sociale e non limitarsi a far calare sui cittadini/sudditi provvedimenti “nati” nelle stanze del potere.
Ai silenzi si contrappongono le parole, che troppo spesso sembrano meri suoni emessi dalla bocca per convenienza utilitaristica, invece di essere espressioni di azioni e coerenza; talvolta le parole diventano addirittura insulto, dispersione politico- mediatica. Un certo utilizzo delle parole dimostra quanto la politica e l’informazione (patologicamente ed intrinsecamente collegate) servano solo a costruire consenso, e non abbiano nulla a che vedere con la partecipazione democratica. Non è sufficiente il “palazzo aperto”, per visite guidate alle sale comunali, anzi: qualcuno potrebbe definirlo una iniziativa demagogica. Occorre che il palazzo del potere sia realmente aperto, sempre, a tutti; aperto al dialogo, al confronto, all’ascolto. Ci sono liste di attesa fin troppo lunghe nella sanità, non c’è alcun bisogno di aggiungerne altre per parlare con gli amministratori.
A gennaio il clima natalizio si disperde e torniamo a fare i conti con la buia quotidianità, con la lotta alla povertà e al disagio sociale, ma anche con la pulizia e manutenzione delle strade, con la raccolta differenziata – addirittura in regresso – con la viabilità e la segnaletica stradale, con la TARI. Nessuno ha “la bacchetta magica” ma basta con il silenzio; va fatta chiarezza sul ruolo di Foligno in ambito regionale, sull’attività di programmazione partecipata che si intende mettere in atto per affrontare e risolvere i tanti piccoli e grandi problemi: collegamenti ferroviari e stradali, risorse idriche, rischio idrogeologico e, soprattutto, (a costo di essere ripetitivi) sul futuro dell’area dell’ex-Zuccherificio, dove svetta, solitaria e triste, la buia ciminiera.
STEFANIA FILIPPONI