Un calcio al razzismo
Intervista a Massimiliano Castellani, giornalista di Avvenire che combatte il razzismo raccontando storie di calcio e intolleranza. Premiato a settembre dalla Pro Foligno quale “Operatore di pace”, alla Gazzetta di Foligno presenta in anteprima il suo libro Un calcio al razzismo, venti lezioni contro l’odio. Prossimamente a Milano la presentazione ufficiale con Liliana Segre.
L’intervista a Massimiliano Castellani arriva in un giorno tiepido di ottobre. Davanti a me, seduto ad un tavolo di un bar in Piazza della Repubblica, non solo un amico carissimo ma anche un giornalista di notevole, riconosciuto talento. La dote più grande? Saper ogni volta trasformare il calcio in un pretesto per parlare di qualcosa di diverso, di più grande. Vestito di blu arriva a passo svelto, tenendo sottobraccio una nutritissima mazzetta: Avvenire innanzitutto, ma anche Repubblica, Corsera e – da bravo residente del centro storico – la Gazzetta di Foligno. Presenterà a breve il suo nuovo libro, che parlerà proprio di calcio e – come sempre – non solo di pallone, ma di qualcosa di molto più alto. Cosa potrebbe mai esistere di più importante del calcio in Italia? Sport sul quale, scherzando, Massimiliano afferma sia fondata la nostra Repubblica? Non solo morti sospette e doping (come raccontato dall’autore prima in Palla avvelenata, poi ne Il Morbo del Pallone ed infine in SLA. Il male oscuro del pallone). Oggi il calcio è il punto di partenza per un nuovo viaggio: quello al centro del razzismo, dilagante negli stadi e fra le curve. Un razzismo osceno perché amplificato dalla mostruosa ribalta mediatica che gli stadi possono offrire. Di questo parla Un calcio al razzismo, venti lezioni contro l’odio: il volume, uscito ieri in tutte le librerie italiane, a Milano sarà a breve presentato da una donna monumento come Liliana Segre.
Come è nata la decisione di scrivere questo libro?
Ho scritto molto sul rapporto fra sport e Shoah e conosco da tempo Adam Smulevich (collega, coautore del libro e membro dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ndr), ma quando è arrivata la storiaccia delle figurine antisemite di Anna Frank create dagli ultrà della Lazio è scattato il desiderio di collaborare per scrivere qualcosa che potesse raccontare come il calcio, il gioco più bello del mondo, subisca sempre di più l’abominio del razzismo.
Un’opera realizzata a quattro mani dunque.
Un dialogo fra due persone con due prospettive diverse. Adam, giornalista ebreo, è più attento ai temi dell’antisemitismo; io a quelli – più in generale – del razzismo. Abbiamo voluto scrivere un libro che i ragazzi potessero leggere con facilità, magari insieme ai genitori. Un testo che porteremo nelle scuole, per tentare di raccontare ai ragazzi l’antirazzismo attraverso un mondo – quello del calcio – e un linguaggio alla loro portata.
Nell’introduzione ricorda una partita di calcio tragicamente surreale.
Certamente: la partita di calcio giocata da Primo Levi nel lager, come documentato ne I sommersi e i salvati; il nostro libro parte da quel racconto. Da una parte le SS, dall’altra le Squadre speciali e fra di loro un gruppo scelto di deportati. Una partita “Seguita con sentita partecipazione (…) come se” scrisse Primo Levi “invece che davanti alle porte dell’inferno si svolgesse sul campo di un villaggio”.
La forza di questo libro è, in effetti, anche nel viaggiare attraverso il tempo, documentando episodi dimenticati.
Siamo partiti dalla storia più forte di Weist, grande allenatore che negli anni ’30-‘40 ha allenato il Bologna e l’Inter. Era il Mourinho dei suoi tempi, un rivoluzionario, ed è morto ad Auschwitz insieme a tutta la sua famiglia: moglie e due figli piccoli. Una storia ritrovata da Matteo Marani, vicedirettore di Sky Sport attraverso le pagelle scolastiche dei due bambini a Bologna. Risalendo al giorno esatto della loro deportazione.
Storie dolorose quelle in cui sport e vita incontrano odio e morte.
È così. Una storia di amore e morte pazzesca è anche quella di Sindelar, anche lui austriaco come Weist. Era il più forte centravanti del mondo e si innamorò a Milano di una giovane ebrea. Verranno ritrovati morti in una camera, a Vienna. Fu detto che era colpa delle esalazioni di una stufa. Nuova, appena comprata. In effetti finirono sotto l’occhio della Gestapo e vennero eliminati perché il regime nazista non poteva tollerare questo amore.
C’è poi un episodio memorabile: quello del leggendario derby di Sarnano, avvenuto a pochi chilometri da noi.
Una storia di calcio e Resistenza, una partita nata su richiesta di due ufficiali della Wermacht, per disputare la quale i sarnanesi scesero dai monti e riuscirono a salvare le loro vite con un pareggio. Una storia la cui esistenza è persino negata, ma i paesani se la ricordano ancora; ho personalmente raccolto la memoria di un testimone di quel fatto.
Un giornalista che “nella quotidianità della propria professione sa farsi operatore di pace”. Questa la motivazione del premio che ti è stato assegnato due settimane fa dalla Pro Foligno. Operare la pace per un giornalista significa anche parlare dei temi giusti.
Purtroppo questo è un tema molto attuale perché tutte le domeniche nascono grandi problemi negli stadi italiani. Ogni anno si sceglie un capro espiatorio. L’anno scorso è stato Koulibaly, adesso è arrivato Lukaku, un ragazzone fortissimo dell’Inter che giocava in Inghilterra, che è rimasto impressionato dai cori razzisti che subiva nelle prime giornate. Per fortuna in Italia di razzismo se ne sta parlando, ma non è mai successa una cosa fondamentale…
Quale?
Non è mai stata interrotta una partita per cori razzisti. Gli arbitri non lo fanno, per paura di ripercussioni sull’ordine pubblico. Eppure credo sia un alibi. L’unica volta che è accaduto è stato vicino Bergamo, a Pontisola, grazie a Igor Trocchia, allenatore in una partita delle Giovanili. Lo stesso Trocchia bloccò, in un’altra occasione, alcuni ragazzini colpevoli di episodi di bullismo negli spogliatoi. La sua società invece di supportarlo, spinta anche dal malcontento di alcuni genitori, lo ha licenziato. E pensare che è stato premiato fra i trentacinque italiani decorati con l’Ordine al merito della Repubblica Italiana dal nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella!
Il razzismo nasce dall’ignoranza, dall’isolamento, dagli ambienti chiusi delle curve. Come agire?
Il Milan ha fondato una task force interna contro il razzismo, ma non basta. Anni fa Mauro Valeri, un grande sociologo romano, ha creato l’Osservatorio su razzismo e antirazzismo nel calcio, raccogliendo i dati degli episodi di questo genere. La buona notizia è che sono diminuiti moltissimo in serie A. Quella brutta è che sono aumentati esponenzialmente nel calcio giovanile, dove tutte le sante domeniche si verificano casi del genere. Un male diffuso, alimentato da dinamiche sbagliate fra genitori e società e per questo ancor più difficile da debellare.
FEDERICA MENGHINELLA