La Madonna col Bambino di Bernardino di Mariotto
Il dipinto, eseguito a tempera grassa su tela, proviene dalla primitiva chiesa del monastero di Santa Lucia di Foligno e confluì, insieme ad altre due opere, nella Pinacoteca di Foligno probabilmente nel 1910. Per primitiva chiesa intendiamo l’edificio religioso preesistente alla radicale ristrutturazione del monastero di Santa Lucia, che venne promossa dalla beata Cecilia Coppoli in qualità di badessa e che si concluse nel 1477. Probabilmente, durante questi lavori, l’antica chiesa venne trasformata in un vano annesso al nuovo coro. È infine noto che una terza chiesa, corrispondente a quella attuale, venne realizzata nel 1928. La tela dovette presto suscitare l’interesse degli studiosi, come dimostra la lettera del 20 ottobre 1866 con la quale Luigi Carattoli richiede al Segretario del Comune di Foligno di far fotografare al signor Francesco Comini l’opera di Bernardino da Perugia, posta “in prossimità del coro delle monache nel monastero di Santa Lucia”.
La tela raffigura la Madonna assisa su un trono a specchiature di marmi policromi, con in grembo il Bambino che con la mano sinistra tiene una mela e con la destra compie il gesto della benedizione. Ritti sugli alti braccioli si ergono due angeli che sostengono un drappo rosso volgendo lo sguardo verso il gruppo centrale. Intorno al capo di Maria si apre un arco composto da una ghirlanda di fiori. A sinistra, posato sul trono, si vede un cardellino.
L’attribuzione dell’opera a
Bernardino di Mariotto non è mai stata messa in discussione, per la chiara presenza di elementi stilistici che caratterizzano i dipinti documentati dell’artista, come il disegno duro e quasi incisorio, la tecnica arida e levigata della tempera, l’uso di certi “rossi vinosi”, o lo sfarzo nell’uso di lamine metalliche, per esempio nell’abito di Maria, un tempo sfavillante d’argento.
Il gruppo della Madonna col Bambino presente nella tela di Foligno ripete fedelmente uno schema individuabile in diverse opere di Bernardino: si riconosce nella Pala di San Domenico – a sua volta ispirata alla Pala di Arcevia di Luca Signorelli del 1507 – e viene utilizzato successivamente in opere più corsive, come gli affreschi nelle chiese sanseverinati di Santa Maria di Cesello e di Santa Maria delle Vaccarecce. I riferimenti a Carlo Crivelli, che non vengono mai meno nella produzione di Bernardino, si riconoscono nell’opera di Foligno anche attraverso l’adozione di determinati dettagli iconografici, come la mela, il cardellino e l’arco a ghirlanda, anche se per quest’ultimo elemento va precisato che i ricchi e pesanti festoni di pere, mele e cetrioli realizzati dal Crivelli diventano in Bernardino composizioni floreali più schematiche e incorporee: l’effetto di turgore è sostituito da una stilizzazione esangue, propria di un arco di trionfo campestre costituito da rosolacci, campanule e garofani.
Il gusto intimamente arcaizzante della produzione di Bernardino rende difficile la datazione delle sue opere non documentate: la tela di Foligno, giudicata opera tarda da Todini, è forse collocabile in modo più convincente intorno al 1514-1515, proprio in virtù dei sensibili riferimenti alla citata pala eseguita per la chiesa di San Domenico di Sanseverino.
La cornice della tela, in legno intagliato, dorato e dipinto a tempera grassa, reca in alto la scritta “S. Plav. a 1573”, non è pertanto coeva al dipinto. Stefania Petrillo scioglie la sigla in “Suor Plautilla” Antonini, documentata tra le suore del monastero di Santa Lucia tra il 1555 e il 1576 e forse responsabile dello spostamento del dipinto da un vano all’altro del monastero.
EMANUELA CECCONELLI