Invaghirsi dell’umanità
Bar di piazza. Tardo pomeriggio. Entra una ragazza trasandata che accompagna un uomo anziano, dall’aspetto avvilito di chi non prende la vita troppo sul serio sapendo che, comunque vada, non ne uscirà vivo. Lo riconosco, era un mio vicino di casa che ho perso di vista. Siede piegando le ginocchia a fatica, mentre lei passa in rassegna le paste rinseccolite chiedendone i prezzi al barista che – addestrato per annacquare Gin Tonic – la guarda spazientito. La ragazza ne sceglie una e la spezza con delicatezza; poi ordina un caffè e lo porta al tavolo, dove i due iniziano a raccontarsi le piccole disfatte del giorno trascorso. Viviamo sui social momenti di resistenza civile, umana e culturale fingendoci dediti alla giusta causa, mentre nei bar, nelle strade e nel silenzio delle case stremate, ogni giorno si combattono le più dure battaglie per la sopravvivenza. Viene da domandarci dove nasca in noi questa passione digitale per le sventure lontane, ignorando le tante avversità che avvengono sotto i nostri occhi. Come sosteneva Rousseau, invaghirsi dell’umanità è spesso il pretesto per disinteressarsi del vicino di casa.
GIOVANNI PICUTI