Investiamo sul futuro
È rientrato un nostro coraggioso concittadino, uno zio d’America che ha costruito a San Francisco le sue fortune. Lì possiede una pasticceria e due ristoranti di successo, di quelli che non ti propinano sushi, sashimi o i piatti tipici hawaiani, ma porchetta, fegatelli, trippa e coda alla vaccinara. Insomma un paladino della nostalgica ristorazione italiana, che negli Stati Uniti funziona ancora. L’altra sera siamo stati a cena da Fichetto, quando all’improvviso gli sono spuntate le lacrime agli occhi davanti allo spiedo umbro inanellato di uccelletti. Mi ha parlato di quello che gli mancava di più, della diffusione di capitale sociale, di qualità della vita (seppur intorno ai cassonetti), delle tradizioni culturali, di solidarietà civiche che in America spesso sono negate. Tra una foglia di alloro e un pezzetto di grasso e magro mi ha fatto notare ciò che noi folignati non vediamo più: che la città ha preservato il suo patrimonio collettivo anche se le politiche fasulle non ne hanno favorito negli anni lo sviluppo. Lo diceva senza alcun rimpianto per la Bay Area, per la sindaca afroamericana London Breed e per gli straordinari livelli occupazionali della Silicon Valley. Quando, inevitabilmente, ci siamo messi a disquisire di sviluppo e di opportunità giovanili, per non dispiacermi lo zio d’America ha cambiato discorso chiedendomi se Merendoni sfornasse ancora quei magnifici cannoli alla crema che non hanno pari in nessuna pasticceria californiana. Ha detto proprio così. Ne ho tratto un insegnamento. Urge immediatamente massimizzare i cannoli alla crema attingendo dal contesto locale e dagli assetti imprenditoriali più consolidati, all’occorrenza attingendo dalle specificità dolciarie cittadine. Cannoli alla crema per tutti. Investiamo sul futuro. Del resto che domenica è senza la pastarelle di Merendoni?
GIOVANNI PICUTI