Stefano Zuccarini è il nuovo sindaco. Le possibili ragioni di una vittoria storica
Una pagina di storia per la nostra città è stata scritta da Stefano Zuccarini, che ha vinto il ballottaggio dello scorso 9 giugno ed è diventato il sindaco di Foligno. Dei 27.332 votanti (61,23%), 15.016 preferenze (55,99%) sono andate al candidato del centrodestra, mentre 11.804 (44,01%) a Luciano Pizzoni, il portabandiera del centrosinistra. Zuccarini ha vinto due volte: il 26 maggio aveva ottenuto quasi 2.000 voti in più di Pizzoni, il 9 giugno sono diventati oltre 3.000.
Analisi dei dati
Un primo dato che suscita una certa curiosità: nel 2014 Mismetti tra il primo e il secondo turno ha totalizzato complessivamente 23.364 preferenze; Pizzoni tra il 26 maggio e il 9 giugno ha raccolto 23.410 voti, mentre Zuccarini ha preso il volo intercettando 28.578 votanti, il 22,07% in più di Pizzoni, oltre 5.000 voti in termini assoluti. Numeri che danno la portata della vittoria del centrodestra.
Il centrosinistra ha riconfermato i voti di Mismetti e quelli espressi al primo turno, non ha avuto praticamente alcuna capacità attrattiva oltre il proprio fedele elettorato, forse perché arroccato in una convinzione di superiorità che non agevola il dialogo e che non intercetta il malcontento e la rabbia della gente; quella che si incontra per strada, nelle periferie, sui luoghi di lavoro, che fatica perché ha figli da mantenere e magari un matrimonio andato in fumo. I problemi e le difficoltà di queste persone non si risolvono disquisendo adagiati in poltrona, disegnando arcobaleni e sorridendo con le tasche piene e con un futuro assicurato: l’imborghesimento di una sinistra sempre più elitaria.
Cinquestelle e Concorsopoli
Zuccarini ha invece aumentato i voti rispetto al primo turno: sebbene l’affluenza sia passata dal 70,06% (30.324 votanti) al 61,23% (27.332 votanti), il nuovo sindaco di Foligno ha ottenuto circa 1.500 voti in più. I flussi elettorali ci diranno quanti di questi sono arrivati dagli elettori del Movimento 5 Stelle che, sebbene con Fantauzzi abbia dato libertà di voto ai propri militanti, ha visto la netta presa di posizione del consigliere regionale Maria Grazia Carbonari che si è espressa contro l’amministrazione regionale uscente.
Difficile dire quanto abbia pesato il ciclone Concorsopoli, che ha decapitato il PD umbro portando agli arresti domiciliari il segretario regionale Bocci e l’assessore folignate alla sanità Luca Barberini, oltre alle dimissioni della presidente Marini. Seppur i voti siano rimasti gli stessi di 5 anni fa, sicuramente ha influito, perché ha fatto perdere credibilità. È proprio questa la parola chiave che ci aiuterà a decifrare meglio quello che è successo. Ecco una serie di ragioni possibili, criticabili e non esaustive, in crescente ordine di importanza.
Dubbi sulla candidatura Pizzoni
La vittoria di Zuccarini pone un interrogativo: prima di scegliere un atleta non bisognerebbe aver chiaro in quale disciplina si concorre? È rischioso optare per un maratoneta quando si devono correre i 100 metri, convinti che siccome si è vinto da decenni si proseguirà così. Luciano Pizzoni si è messo a disposizione con spirito di servizio e ha accettato di provare, ma una candidatura civica non si costruisce in due-tre mesi, occorrono anni, come ad esempio i cinque che Pizzoni avrà a disposizione in Consiglio Comunale come leader dell’opposizione e che serviranno a dare l’esempio e a non mortificare i tanti giovani che hanno creduto in lui. Sarebbe veramente una bella testimonianza di civismo e la conferma che la sconfitta non significa che si è sbagliato tutto.
Strategia rivedibile
Quando da queste pagine scrivevamo che vedevamo tante belle confezioni e avevamo paura di scartare il pacco, sembravamo esagerati. Ma davvero c’era chi pensava che per diventare sindaco sarebbe bastato riempire le nostre giornate di sorrisi e parole chiave ripetute all’infinito? Sì, c’è chi lo ha pensato. Gli spin-doctor pizzoniani non hanno cambiato atteggiamento nemmeno quando dopo il primo turno il più votato in assoluto è risultato essere Elia Sigismondi del PD, inesistente sui social e quasi mai presente in campagna elettorale. Non si è accesa nessuna spia. E così, soprattutto dopo il 26 maggio, la comunicazione si è un po’ incattivita e non sono mancate allusioni di cattivo gusto sul piano personale.
Il ruolo del PD
Poi, ovviamente, una bella fetta di responsabilità per la débâcle, anch’essa segnalata in tempi non sospetti da queste pagine, ce l’ha il PD cittadino, che ha pensato bene di cavarsela con una mano di vernice e un po’ di polvere sotto il tappeto. Non era forse meglio affidarsi a chi aveva amministrato la città negli ultimi cinque anni? Sono ipotesi. Probabilmente c’è stato qualche “endorsement” affrettato e affettato per Pizzoni che gli ha addirittura nuociuto, perché ha aumentato la percezione di costruzione artificiale e non ha permesso di far conoscere la persona, ingabbiata in una serie di cliché e costretta dalla scarsità di tempo a bruciare le tappe. Né è mancato nel PD chi ha vissuto in modo “tiepido” e dubbioso la scelta di puntare su Pizzoni. Ci auguriamo che il redde rationem che si svolgerà all’interno del PD non porti a ulteriori divisioni, ma ad una maggiore umiltà, all’accettazione della sconfitta e alla comprensione delle ragioni profonde che l’hanno generata.
La presunta divisione dei cattolici
Difficile da quantificare, ma i cattolici potrebbero aver giocato un ruolo decisivo per l’affermazione di Zuccarini. Il tema è delicatissimo e va sicuramente approfondito, ma bisogna in ogni modo evitare spaccature insanabili. Ci poniamo una domanda: è possibile che il voto cattolico abbia premiato in maggior misura chi ha insistito di più sui temi della famiglia e della vita rispetto a chi ha privilegiato quelli dell’integrazione e dell’accoglienza?
La figura di Zuccarini
In ogni caso, i possibili demeriti degli avversari non sminuiscono la ragione principale del successo che è da attribuire a Stefano Zuccarini, l’uomo che ha compattato il centrodestra. Quando sono emerse alcune frasi del suo passato, che ci auguriamo già da oggi non pronunci più, ha sofferto per gli attacchi personali. Ha vinto perché ha saputo fare gruppo, ha presentato il proprio disegno politico senza effetti speciali ed è risultato credibile agli occhi degli elettori. Si parlava di consistenti fronde interne al centrodestra, di una candidatura non condivisa: la vittoria netta ed eclatante parla da sola, una Lega così forte e la doppia presenza di Salvini a Foligno hanno dato convinzione e trainato tutta la coalizione.
A Stefano Zuccarini spetta ora il compito più difficile, dovrà dare sostanza all’alternanza che è il nutrimento della democrazia. Non deve perdere un’occasione storica, dovrà lavorare per costruire una squadra competente, equilibrata e capace di governare con coesione e senza acrimonia per il bene della città, che deve crescere dal punto di vista delle relazioni. Ci aspettiamo una stagione politica basata sul dialogo costruttivo, sulla ricerca di alleanze e sul mantenimento delle promesse effettuate in campagna elettorale. Buon lavoro, sindaco!
ENRICO PRESILLA