Ineffabile professore
“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole/ anzi d’antico: io vivo altrove, e sento/ che sono intorno nate le viole”. Lo dico un po’ in prosa e un po’ in poesia al vecchio professore di liceo, tanto per farmi perdonare le volte che mi sono presentato impreparato. Mi risponde a denti stretti: «C’è da augurarsi che non siano nate “tra le morte foglie che al ceppo delle quercie agita il vento”». Non ricordando altro della poesia del Pascoli svicolo su Tomasi di Lampedusa: «Domenica si vota, professore. Bisogna che tutto cambi perché tutto resti come prima». A chi non piace fare colpo sul vecchio precettore? La retorica gattopardesca del sovvertimento attribuita da Tancredi al fattore disillusivo gli strappa un’improvvisa risata. M’accorgo che mi segue. Tiro un sospiro di sollievo. Parliamo di elezioni e di promesso rinnovamento, di ardore giovanile e di candidati alla mercede di vecchi tromboni. Non ce lo facevo così al dentro di certe proclamate mitologie moderne applicate alla politica locale. Alla fine mi saluta dicendo: «Speriamo che i figli del cambiamento non si rivelino i figli del sistema». Ineffabile professore.
GIOVANNI PICUTI