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Una riunione molto speciale La Gazzetta all’Opera Pia

La riunione settimanale di redazione è un momento che ci accompagna puntuale da dieci anni e attraverso il quale nasce la Gazzetta negli argomenti e nelle forme che i lettori conoscono. Un momento fatto di accuratezza, per la sintonia con la verità, di rigore, per il rispetto di chi leggerà, di scrupolo, per la pluralità dei punti di vista con i quali si cerca sempre di affrontare ed approfondire le diverse tematiche proposte. Il luogo deputato per la riunione settimanale è, come ognuno sa, la sede storica della Gazzetta, nei locali dell’Istituto San Carlo: qui, ogni giovedì pomeriggio, il giornale di Foligno prende vita. Giovedì scorso però, in nome di un’amicizia e di un affetto che il tempo avvalora e impreziosisce, come licor lieti di Francesi colli (o Toschi, per amor di patria, o montefalchesi), la riunione della Gazzetta si è tenuta presso la residenza Bartolomei Castori. Qui infatti, da qualche tempo, sono ospiti i dioscuri della Gazzetta, l’ateniese don Dante e lo spartano don Sergio, cavalieri del cielo. Difficile dire cosa rappresentino i due gemelli, di natura e d’indole affini, ma non identiche, per la Gazzetta: don Dante pilota di cocchi del pensiero, domatore di tutti gli Ercole furens in navigazione incerta fra morale ed etica, don Sergio indomito pugilator dei sillogismi, voce cui non difetta una vis umoristica che segna, com’è noto, certe intelligenze singolari. E che i dioscuri fossero in forma s’è inteso subito. Talvolta noialtri redattori, mercé la compiacenza del Direttore, consul sine collega senza ambizione tuttavia all’imperium, ci parliamo un po’ sopra come scolari poco disciplinati: ci sono i satiri che tirano stoccate a destra e sinistra, inviati dagli altri campi che millantano predominanze zebresche non da tutti condivise, redattrici che quando sorridono l’aria si profuma di viole come in un dolce stil novo, menti sagaci che zitte-zitte, in diluito tu-per-tu, distillano petali di rose. Ma quando parla don Dante, tutti si torna al posto e si fa silenzio; e si fa silenzio perché nessuno si vuol perdere nulla, come quando dal fitto di un bosco si apre una radura, e i ciclamini incantano gli occhi di profumo. Carissimo e amatissimo don Dante, che quando ci ha visti era più felice di un bambino e a me, chissà perché, pareva un pastore contento che nessuno fosse stato perduto. Carissimo e amatissimo don Sergio, con il cuore pieno di Angela e il passo svelto e lesto, il volto lieto perché Tu sei con me e, cascasse il mondo, niente mi potrà separare da Te! Di che s’è parlato poi, in questa riunione, non lo saprei dire perché certe volte si scopre la bellezza di essere felici senza parole e allora su quello di cui non si può parlare si deve tacere, nevvéro? Don Dante ci ha congedati con una domanda: dove sta andando la cultura a Foligno? Bella domanda donda’!

GUGLIELMO TINI

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