Il valore della comunità al tempo degli eremiti digitali
Il deserto di relazioni degli eremiti digitali avanza laddove la comunità non mantiene fertile il terreno dell’ascolto e dell’incontro. Per questo è in continua crescita il bisogno di oasi di ristoro in cui trovare percorsi di senso e protezione dai miraggi delle fake news. Questo in estrema sintesi il succo dell’incontro organizzato dall’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali con don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della CEI. Don Maffeis, lo scorso giovedì, ha presentato alla Iacobilli il messaggio di Papa Francesco per la 53° Giornata mondiale per le comunicazioni sociali dal titolo “Dalle social network communities alla comunità umana”. E don Ivan è partito subito dal simbolo posto a fondamento di internet: la rete postula l’assenza di una struttura di tipo gerarchico, in quanto funziona grazie alla compartecipazione di tutti gli elementi. “Ricondotta alla dimensione antropologica, la metafora della rete richiama un’altra figura densa di significati: quella della comunità. Una comunità è tanto più forte quanto più è coesa e solidale, animata da sentimenti di fiducia e persegue obiettivi condivisi”. L’ascolto reciproco e il dialogo basato sull’uso responsabile del linguaggio rappresentano gli elementi su cui sviluppare l’architettura dell’informazione.
Condivisione e responsabilità, parole chiave che, come sottolineato da don Maffeis, ritroviamo anche nel messaggio di fine anno del Presidente Mattarella: “Sentirsi comunità significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa pensarsi dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese”. Molto spesso però, nel social web, la propria identità viene elaborata in contrapposizione all’altro: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce. Il Papa osserva che “quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo diventa così una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo”. La soluzione si trova nella verità delle relazioni. La comunità rappresenta l’unico vero capitale sociale, ecco perché occorre prendersi cura del territorio, cioè delle persone che lo abitano. Questa è la missione che deve portare avanti un giornalismo di prossimità, che colmi il vuoto lasciato dalla disintermediazione, che cominci a dare un nome alle cose, che aiuti a interpretare i fatti. È necessario però un rapporto paritario con l’interlocutore, nel quale suscitare nostalgia per un’informazione certificata e di qualità. Credibilità significa “innovare senza rinnegare”, ha aggiunto in conclusione mons. Sigismondi. Per gettare le reti occorre essere una squadra, ha ricordato il Vescovo di Foligno evidenziando come nel passo del Vangelo si passi dal singolare al plurale: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca» (Lc 5,4).
Un “camminare insieme” rivolto prima di tutto alle redazioni di Radio e Gazzetta.
ENRICO PRESILLA