Nando Mismetti e il futuro del PD: “cambiare per restare in gioco”
Sindaco Mismetti, tirando le somme del suo lungo mandato nei giorni scorsi ha detto che “si è chiuso un ciclo”. Che significa?
È in corso un cambiamento profondo: sociale, economico ma anche e soprattutto politico. Su questo c’è la mia storia personale: 50 anni di militanza politica e oltre 30 anni di impegno pubblico. Il primo a febbraio 1989, quando divenni presidente dell’Unità Sanitaria Locale. Nel 1990 fui eletto consigliere comunale. Dal ‘95 – con i sindaci Salari prima e Marini poi – sono stato assessore e vicesindaco. In questi ultimi 10 anni ho rivestito il ruolo di sindaco. Sono stato sempre eletto dai cittadini e per tanti anni ho servito la mia città con riconoscimenti importanti da parte loro. Questa è la soddisfazione più grande.
In che modo pensa di averli ripagati?
Sicuramente con l’impegno, il rispetto dei ruoli che mi sono stati assegnati. Forse è qualcosa che la politica dovrebbe riconquistare. In questi dieci anni nei consigli comunali ne abbiamo viste di belle e di brutte. Penso siano comportamenti inaccettabili.
A cosa si riferisce?
A diversi episodi: dalle tante votazioni per eleggere il presidente del Consiglio per esempio, su cui tutti eravamo d’accordo ma poi quando si andava a votare i voti non c’erano. Al fatto che spesso qualcuno viene in Consiglio comunale come se andasse al bar. La caduta, in questi anni, del ruolo dei partiti ha comportato questo tipo di atteggiamento in alcuni. Ciò allarga la sfiducia fra le istituzioni e i cittadini. Una sfiducia sanabile se i partiti ritrovano una loro funzione. Su questo se potrò dare un contributo nei prossimi anni lo farò.
Restando in politica?
Nessuno mi ha chiesto altro, ma se anche mi venisse domandato di continuare a fare l’amministratore non sarei disponibile. Però non lascerò la politica: la vivo da quando ero adolescente e non ne posso fare a meno.
Foligno alle ultime elezioni provinciali non ha saputo conquistare neanche un consigliere. Una faida interna al partito ha dato l’ennesima immagine divisiva. Cosa è successo?
C’è stata, secondo me, l’ulteriore conferma di quello che dobbiamo superare a tutti i costi. Come quando si è colpiti da un tumore: o lo si aggredisce all’inizio o prima o poi ti porta a finire. C’è stata una serie di movimenti di persone consigliate a fare cose che non erano quelle stabilite. Ma a monte c’è un errore di impostazione delle liste. Ecco che torniamo alla funzione dei partiti. Che devono avere la capacità di impostare percorsi equilibrati, salvaguardando i territori e smettendo di pensare alle proprie “truppette”.
Oggi al centrosinistra c’è uno schieramento massiccio del civismo del quale i partiti sembra vogliano “farsi scudo”.
Per quanto ci riguarda come centrosinistra e come Partito Democratico non abbiamo alternativa se non quella di rimetterci in empatia, in rapporto e in rete con persone, mondi che in questi anni abbiamo deluso e ci hanno abbandonato.
In Abruzzo il PD è all’11%. Questo è lo specchio di ciò che succederà nel resto d’Italia?
Il quadro secondo me rassomiglierà a questo schema. In Abruzzo è stata costruita una coalizione di centrosinistra con il PD e tante liste civiche, sostenute da dirigenti dello stesso partito Democratico, perché era l’unica possibilità per ritrovarsi in gioco.
Quello schema sarà dunque lo schema che applicherete a Foligno?
Esatto. E per fortuna – con tutto quello che ci vogliamo raccontare per quanto riguarda le difficoltà del PD – il Partito Democratico esiste ancora. Altrimenti quali sarebbero le altre forze politiche capaci di rifare una coalizione come quella del 2014 e del 2009?
Il centrosinistra umbro riconosce il ruolo cruciale di Foligno in vista del 2020?
Vede, Foligno in Umbria è un po’ come il PD: è amato e odiato. Il segnale che hanno dato con le provinciali non mi incoraggia. Ma i fatti sono più forti delle chiacchiere. Spero che riconquisteremo Perugia ma ad oggi è governata dal centrodestra; Terni è del centrodestra da qualche mese. Spoleto è del centrodestra. Inoltre nessuno può disconoscere quello che è diventata la nostra città. Negli ultimi venti anni è cambiata in meglio: negarlo sarebbe disonesto.
Sì, ma ci sono anche punti dolenti. Come ad esempio la questione ex Zuccherificio. Una patata bollente che non sembra risolversi con l’accordo che avete firmato, la cui tempistica appare chiaramente irrealizzabile.
Tutti ci ricordiamo la rottura netta fra Coop e Comune nel 2013 in quei mesi. C’è voluto tempo per ricostruire questo rapporto; il percorso avviato su iniziativa della presidente della Commissione Garanzia (Stefania Filipponi n.d.r.) si è fermato, abbiamo perso un anno e mezzo, ricominciando a trattare direttamente con la proprietà. I tempi sono stretti? Se c’è lo stesso spirito con cui abbiamo lavorato in questo anno e mezzo credo siano normali. Se invece ci sono volontà non dette di ostacolare il percorso ogni occasione è buona. Però il grosso è stato fatto, l’unico vero atto non coerente con il PRG è la separazione dei due ambiti attuativi (fra magazzini Gabrielli e COOP Centro Italia n.d.r.). Chi verrà se avrà capacità di fare accordi diversi può farlo.
Chi sarà il candidato del centrosinistra? Quando lo presenterete?
Un mix tra nuovo e un minimo di esperienza, con volti riconoscibili per i cittadini: questa è la formula scelta. La presentazione avverrà entro la metà di marzo. Per essere realisti nessuno vincerà al primo turno; il candidato sindaco del centrosinistra sarà una faccia nuova (quanto nuova lo vedremo presto) e dovrà avere tempo per incontrare i cittadini e i territori.
FEDERICA MENGHINELLA