Vi racconto il mio “papà” Jorge
Ha vissuto due anni in parrocchia con il gesuita Jorge Mario Bergoglio e oggi Don Emilio Garcia racconta alla Gazzetta di Foligno: “Fu un incontro fondamentale per la mia vocazione”. Questa è la struggente storia di Monsignor Efrem che diventa don Emilio: da sacerdote ortodosso a prete cattolico.
Don Emilio Garcia, 50 anni, ha davanti a sé un foglio scritto a mano: vuole essere ordinato nell’affidarmi i tanti ricordi della sua bella e dolorosa vita vocazionale. Ci vediamo alla Caritas in Piazza San Giacomo e seduto davanti a me legge con un’emozione palpabile, che si trasforma in evidente commozione quando arriva al cuore della storia: al centro c’è infatti un “papà”, come lui lo chiama, che adesso è Papa, Papa Francesco.
“CON PAPÀ JORGE? UN INCONTRO DECISIVO”
Una figura fondamentale per questo giovane ragazzo che oltre trenta anni fa sapeva di voler diventare un prete cattolico e invece si trovò a dover fare i conti con una famiglia per metà ortodossa. Jorge Mario Bergoglio era direttore spirituale e confessore della chiesa della Compagnia di Gesù di Córdoba, che il giovane Emilio frequentava assiduamente, incoraggiato da suo padre, cattolico. Proprio per volontà di suo padre era stato battezzato nella Chiesa cattolica e desiderava ardentemente intraprendere la strada del sacerdozio, ma madre e nonni materni desideravano invece che abbracciasse la Chiesa ortodossa. Una famiglia, quella di padre Emilio, nella quale vivere la vocazione di cristiano cattolico non fu affatto facile: per questo l’incontro con Bergoglio fu decisivo.
L’INCONFONDIBILE ‘STILE BERGOGLIO’
“Padre Jorge Mario ha vissuto a Córdoba fino al 1992 quando a 55 anni fu eletto vescovo ausiliare di Buenos Aires” racconta. “Oggi ha 82 anni e lo ricordiamo ancora tutti come il gesuita Jorge Bergoglio che officiava la messa e confessava, presente nella Comunità della Chiesa della Compagnia di Gesù al centro della città”. Il futuro Papa Bergoglio con il suo esempio, le sue parole, il suo stile di vita impressionò indelebilmente don Emilio che proseguendo nei suoi ricordi si commuove: “Lasciò in me l’impronta della semplicità e dell’umiltà, del silenzio nella preghiera. È un uomo di profonda povertà, che pregava moltissimo, una persona estremamente acuta nella sua bontà e molto preparata intellettualmente, con un’intelligenza intuitiva e che ha bisogno di molto poco per conoscerti”. “Ha scelto il nome di Francesco perché è simbolo del suo stile di vita; credo sia il tipo di persona di cui la Chiesa ha bisogno in questo momento: esprime molta povertà e austerità e profonda misericordia per i poveri e la fragilità umana. I più deboli trovavano sempre in padre Jorge un padre”.
PADRE JORGE ‘UOMO DEL SILENZIO’
Che cosa si ricorda della gioventù in parrocchia con l’allora Padre Bergoglio? Cosa lo colpì dilui? “La semplicità, la vicinanza senza barriere alle persone; era un sacerdote molto vicino al popolo. Non è mai cambiato, né quando è diventato Vescovo, né quando fu eletto Cardinale, né ora che è Papa: sempre sorridente, sempre disposto a consigliare e a dare forza e speranza con la sua profonda fede nella Vergine. Prima frequentavo la Chiesa come un fedele qualunque, poi vedendo il suo amore nell’essere sacerdote e il suo modo di confessare crebbe in me il desiderio di consacrarmi a Dio. È l’uomo del silenzio, come la Vergine; un uomo di poche parole, però molto allegro!”. Semplicità, vicinanza alle persone, sguardo sorridente ma anche profonda disposizione al silenzio: questo era il gesuita Bergoglio, che conquistò con il suo carisma Emilio.
DA EMILIO A EFREM, SACERDOTE ORTODOSSO
“Purtroppo pur con la mia forte vocazione non sono potuto entrare in seminario per non ferire la sensibilità di mia madre”, spiega Emilio, che ricorda le parole di Papa Francesco: “Se tu ami Dio devi amare la tua famiglia”, e fu sempre obbediente alla madre. Aggiunge: “Dalla mia avevo mio padre che diceva sempre di volere la mia felicità, che fossi ortodosso o cattolico. Alla sua morte, nel 2000, persi il suo appoggio e scelsi di assecondare i desideri materni, pur di diventare sacerdote: fui allontanato dall’ambiente cattolico argentino e nel 2002, a 33 anni, nella domenica precedente il Santo Natale fui ordinato diacono nel Santo Sepolcro di Gerusalemme dal Patriarca Ireneo (foto). Sono stato fortunato ad avere buoni vescovi e patriarchi nella mia storia vocazionale; sei anni dopo fui ordinato Archimandrita con il nome di Efrem e presi il voto di castità come monaco ortodosso”. Quegli anni vengono ricordati nonostante tutto come anni felici, nei quali, ricorda: “Ero vestito come un ortodosso ma mi sentivo profondamente cattolico e spesso venivo preso in giro per questo. I miei fratelli mi dicevano: “Prima o poi ti vedremo vestito in rosso, da cardinale”. Le mie prediche erano ispirate dai santi cattolici, dai mistici, dal Papa; i sacerdoti ortodossi non facevano che chiedersi perché mai riuscissi ad attirare la gente con le mie parole, che per gli ortodossi erano inusuali, attingendo alla tradizione cattolica”. È in abiti ortodossi quando quattro anni fa incontra il suo ex parroco in Vaticano: un’emozione fortissima abbracciare Padre Jorge ormai Papa.
DAL KAMILAVKION AL COLLARINO ECCLESIASTICO
Ciò che è destinato ad ognuno trova sempre la via per compiersi e così dopo la morte della madre Emilio Garcia bussa alla porta dell’Arcivescovo di Atene Sevastianos Rossolatos che lo riceve. “È stato un uomo molto buono: accogliendo un ortodosso che voleva farsi cattolico si è dimostrato aperto e coraggioso”, dice oggi. Da lì ricomincia una nuova vita religiosa come prete cattolico, grazie anche al suo terzo “papà spirituale”: padre Ioannis Patsis, direttore di Caritas Atene, che lo accoglie sotto la sua ala protettiva. “In nove mesi – spiega don Emilio – mi ha preso come un bambino insegnandomi da zero la liturgia e il rito cattolico”. Messo da parte il kamilavkion, il copricapo ortodosso, è tempo di indossare i paramenti romani: risale al 4 settembre 2017 la prima messa concelebrata come sacerdote insieme all’Arcivescovo di Atene.
IL SOGNO DI DON EMILIO INCONTRA LA CARITAS DI FOLIGNO
Durante una missione proprio in Atene il direttore della Caritas di Foligno Mauro Masciotti viene a conoscenza della storia di Don Emilio e con entusiasmo si offre di aiutarlo a completare gli studi teologici in Italia, così da poter essere completamente abilitato come sacerdote. Grazie al progetto dell’Arca del Mediterraneo in questi giorni don Emilio è arrivato a Foligno dove resterà per imparare l’italiano e studiare teologia ad Assisi per poi tornare in Grecia. “Qui mi sento come in una famiglia, non ho fatto nulla per meritarmi tutte le benedizioni che Dio mi sta dando: ieri, nella ricorrenza della morte di mio padre ho concelebrato la mia prima messa a Foligno insieme al Vescovo sotto il manto della Madonna del Pianto: non mi sembrava vero. E invece è così: una mamma non lascia mai soli i suoi figli!”.
“Oggi – conclude – ho una bellissimo rapporto con il mio Vescovo ortodosso che mi segue in ogni passo; per me, come dice il Papa, è importante la Comunione; la Chiesa è una sola!”. La storia di Don Emilio è una storia-segno e Provvidenza vuole che venga raccontata nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che a Foligno vedrà il Vescovo Gualtiero Sigismondi pregare insieme ai rappresentanti della Chiesa Ortodossa rumena in una veglia ecumenica diocesana. Nulla accade mai per caso.
Don Emilio oltre ad essere uomo di fede è anche uomo di grande spirito e prima di congedarci mi affida questa storia: “C’erano due rane, cadute in due recipienti colmi di latte. La prima pensò di non farcela, si scoraggiò e annegò. La seconda cominciò a nuotare battendo le zampe sempre più forte, finché il latte diventò burro: con un salto uscì dalla ciotola e si salvò: così è andata con la mia vita e così dovrebbe essere per tutti noi cristiani. La cosa più importante è correre dietro ai propri sogni, senza fermarsi mai. A cinquant’anni ho cominciato a inseguire l’ennesimo sogno della mia vita che riparte da Foligno”.
FEDERICA MENGHINELLA