Inconvenienti ciclabili
Biciclette come libere iniziative. Ma non si può plaudire chi amministra solo perché rispetta le libertà dell’uomo. A volte è necessario far fuoco contro l’anarchia su due ruote. La Sora Camilla sfreccia su Viale Firenze con la sua City Easy a pedalata assistita. Davanti al bar Tamburini sorpassa il richiedente asilo Hussein Oumar, somalo in sella al suo sfasciato velocipede assegnatogli dalla Caritas; doppia Batush Gjika, manovale di Valona fieramente in sella ad una fiammante Turbo Levo Specialized in fibra di carbonio, da quattromila euro. Davanti al bar 50 50 un pischelletto attraversa le strisce pedonali senza scendere dalle bici. Impenna scampando per un pelo dal camioncino del VUS, che inchioda facendo prendere una sincope al conducente dell’auto che lo segue. Che entusiasmante città la Foligno della disordinata mobilità, delle piste poco ciclabili adibite a parcheggio, della sosta selvaggia legalizzata in via Mazzini, da cui in senso contrario avanzano bici e motorini. Il centro sovversivo delle due ruote non è quel che si dice un capolavoro di mobilità urbana. “Nessuno utilizza le piste ciclabili” si giustifica un vigile urbano. “Ma quali piste ciclabili” protesta un anziano in Graziella “se gli avvallamenti fanno invidia al Brucomela di Carbonini?”. Vagano i folignati in questo clima felice e bonario, che toglie ogni asprezza ai crucci quotidiani, sebbene qualcuno intraveda uno strano disagio, un bisogno di ordine. Sarà il nuovo Fascismo che avanza?
GIOVANNI PICUTI