Un’inondazione di luce
“Gioisca la terra inondata da così grande splendore”. Il Preconio parla della luce del Sole di Pasqua, facendo riferimento alla creatura dell’acqua. Fuoco e acqua caratterizzano la celebrazione della Veglia pasquale: si tratta di elementi della natura che si oppongono, ma che la liturgia assume e fa incontrare nel rito di immersione del cero nel fonte battesimale. Tale discesa esprime sia l’abbassamento di Cristo nella morte, fino agli inferi, sia la sua unione sponsale con la Chiesa: il cero feconda l’acqua che, a sua volta, diviene sorgente di vita, “fontana di luce”. Dove c’è luce fiorisce la vita; Giovanni nel Prologo afferma che “la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,4). Come la luce ha annunciato l’alba della creazione del mondo, così il sole di Pasqua ha svegliato l’aurora della redenzione. Creazione e redenzione si aprono con un’inondazione di luce: quella della vita! La luce è la prima parola di Dio, la sua prima benedizione, la prima opera delle sue mani: “Sia la luce!” (Gen 1,3). La luce è il primo annuncio pasquale, il primo germoglio di vita nuova, il primo grido di gioia che, il mattino di Pasqua, folgora le guardie poste a vigilare il sepolcro di Gesù (cf. Mt 28,3-4). L’ombra luminosa della Croce è, per così dire, il “seno” dell’aurora del Sole di Pasqua, che fa divampare la speranza. Come gli apostoli, contagiati dalla testimonianza delle donne, si sono lasciati inondare dalla luce pasquale e l’hanno trasmessa alla Chiesa, così anche noi dobbiamo fare lo stesso. “La fede – avverte Papa Francesco – si trasmette, per così dire, nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accende da un’altra fiamma”. Dante, nella Divina Commedia, dopo aver confessato la sua fede davanti a San Pietro, la descrive come “una favilla, che si dilata in fiamma poi vivace”. La liturgia del fuoco, nella Veglia pasquale, manifesta la dinamica della trasmissione della fede, che si configura come un travaso di luce. “La vita della Chiesa è una contaminazione di luce”, quella di Cristo. L’antico rito del Battesimo prevedeva che i catecumeni emettessero la prima parte della loro professione di fede, tenendo lo sguardo rivolto verso occidente. E in quella posa venivano interrogati: “Rinunciate a Satana, al suo servizio e alle sue opere?”. E i neofiti ripetevano in coro: “Rinuncio!”. Poi si volgevano verso l’abside, in direzione dell’oriente, dove nasce la luce, e i candidati al Battesimo venivano di nuovo interrogati: “Credete in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo?”. E questa volta rispondevano: “Credo!”. Essere cristiani vuol dire tenere fisso lo sguardo su Gesù, “luce del mondo” (Gv 8,12), “Colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12,2). “I cristiani – assicura Papa Francesco – non sono esenti dalle tenebre, esterne e anche interne. Non vivono fuori dal mondo, però, per la grazia di Cristo ricevuta nel Battesimo, sono uomini e donne orientati: non credono nell’oscurità, ma nel chiarore del giorno; non soccombono alla notte, ma sperano nell’aurora; non sono sconfitti dalla morte, ma anelano a risorgere; non sono piegati dal male, perché confidano sempre nelle infinite possibilità del bene”.
MONS. GUALTIERO SIGISMONDI