Scuola, famiglie e alleanza educativa. Bullismo anche dalle nostre parti
Alla fine di gennaio una ragazzina è stata aggredita da una coetanea al Parco dei Canapè. Lei è finita in ospedale mentre la rissa è approdata sui social network perché gli amici presenti hanno pensato bene di riprendere la scena con lo smartphone. Si tratta solo della punta di un iceberg fatto di prevaricazioni e umiliazioni che quotidianamente toccano la vita di tanti adolescenti della nostra città. Un iceberg sommerso che raramente viene avvistato dalla comunità degli adulti. La violenza diventa un scorciatoia per riparare ad un presunto torto subito o per ottenere ciò che si desidera. Purtroppo non è solo un fenomeno adolescenziale e il mondo della scuola ce ne dà esempi sempre più spesso. In questo inizio di 2018 le cronache hanno registrato numerosi episodi di bullismo scolastico, tra questi spiccano almeno cinque casi in cui la violenza è stata indirizzata verso gli insegnanti e gli assalitori sono stati talvolta dei genitori. Un insegnante di educazione fisica di Avola ed un vicepreside di Foggia sono stati assaliti e mandati in ospedali dai genitori di alunni rimproverati. Sono certo casi limite, ma segnalano un disagio che a scuola si palesa in modo sempre più evidente: ragazzi ed adulti pieni di un rabbia che esplode davanti a qualsiasi frustrazione. È un fenomeno sicuramente complesso, ma se si guardano i genitori dei ragazzi che frequentano le scuole superiori emergono alcune costanti che possono aiutare a capire. La distanza di età tra genitori e figli si allarga, sono molti i figli unici e quelli che sono passati attraverso la separazione dei genitori. Una volta i figli erano un “dono di Dio”, ora sono diventati il frutto di un progetto di vita pianificato a tavolino: prima si raggiunge la stabilità economica, poi ci si sposa, si pensa alla casa e al lavoro poi quando tutto è a posto si inizia a pensare ad avere dei figli. Spesso però l’orologio biologico fa sentire i suoi effetti e il progetto sembra incepparsi. Si ricorre allora all’aiuto degli specialisti che contribuiscono all’idea che il figlio sia un “prodotto” prezioso e faticoso da ottenere. Così prezioso che molti faticano ad accettare gli inevitabili ostacoli che la crescita propone. La scuola è uno di questi. Si spezza dunque il patto educativo che dovrebbe legare le famiglie alla scuola e il rapporto si trasforma in pretesa. Innanzitutto verso i figli che devono rispondere al progetto dei genitori, poi verso gli educatori che si permettono di mettere in discussione l’immagine dei figli che i genitori si sono costruita. Gli episodi di violenza sono certo un’eccezione, ma non lo sono i volti dei genitori smarriti di fronte a figli che cominciano a prendere una loro strada e che della scuola vorrebbero soluzioni ai loro problemi di relazione. Dietro quei volti c’è sicuramente un desiderio di bene per i propri figli, ma anche la pretesa che quel bene risponda al progetto che avevano in mente. Staccarsi dal “progetto” per riconoscere la realtà, accettare la libertà dei propri figli, anche di sbagliare, può essere la strada per guardarli con più serenità ed riallacciare l’alleanza educativa tra scuola e famiglie che permette ad una tradizione di essere viva.
MAURO PESCETELLI
Buonasera, posso concordare con Lei sul fatto che il patto di alleanza tra scuola e famiglia sia ai minimi storici e che in moltissimi casi i genitori stiano dalla parte dei propri figli a prescindere da fatti oggettivi. Credo altresì che una forma di bullismo sia stato sempre presente in forme forse meno pesanti e spettacolari, ma l’essere umano fin da bambino sa far male sia con le parole che con i comportamenti. non penso che il problema come lei asserisce si possa collegare solo alla distanza di età sempre più ampia tra genitori e figli, un figlio si può considerare anche un dono di Dio, ma vorrei sommessamente farle presente che non è solo ORA che si fanno pochi figli, è da quasi 40 anni che in Italia nascono poco più di mezzo milione di bambini, corroborati da una buona percentuale di figli di immigrati, quindi il problema nasce da lontano, il termine considerare il figlio come progetto di vita pianificato a tavolino mi sembra ingeneroso verso coloro che vorrebbero un progetto si ma di famiglia il quale COZZA contro la precarietà del lavoro e dello sfruttamento,il motto che dove si mangia in tre si può mangiare anche in quattro rimane purtroppo come tale.