“La libertà possibile”. L’ultimo libro di Roberto Segatori
Ha ancora senso parlare di libertà oggi, dopo che le ricerche e gli studi della seconda metà del XX secolo hanno evidenziato in ogni campo che gli esseri umani sono condizionati da strutture a loro preesistenti, e dopo che, negli ultimi decenni, le neuroscienze e la genetica hanno dimostrato che chiunque viene al mondo porta con sé, in dotazione, una parte di storia già scritta nel suo DNA?
Nel percorso euristico che muove da queste domande e si dipana attraverso le pagine del suo ultimo libro, Roberto Segatori conduce il lettore alimentando di capitolo in capitolo una curiosità crescente.
Lo scopo del libro è quindi quello di costringere chi legge a evitare qualsiasi risposta semplicistica o nominalistica e di condurlo all’interno di una grande operazione di svelamento, in grado di situare la questione all’interno di nuove consapevolezze, acquisite attraverso la conoscenza dei condizionamenti presenti ad ogni livello di quel “mare” che l’autore usa come metafora per collocare l’esperienza umana.
In queste acque, gli uomini e le donne navigano conducendo le loro esistenze, spesso senza rendersi conto di quali movimenti, nel “mare profondo” (tutto ciò che è impresso nel corpo a livello biologico e genetico) possono condizionare la loro direzione; o di quali correnti “nel mare di mezzo” (il linguaggio, le forme epistemiche, i paradigmi scientifici) possono orientare quelle che appaiono come autonome scelte; né prestano attenzione agli argini, alle infrastrutture e agli strumenti di navigazione che vincolano tempi e modi in cui il navigante si muove nel “mare di superficie” (governato da stereotipi e pregiudizi prodotti dal senso comune e dalle rappresentazioni sociali). E neppure i “regimi delle acque” e i “mezzi” con cui si naviga – le istituzioni politiche e l’ordinamento sociale – sembrano essersi evoluti in una direzione che alimenta libertà, semmai il contrario.
Così, mentre Segatori ci guida attraverso numerose teorie, ricerche e autori, a tratti si ha la sensazione che l’autonomia umana sia davvero troppo limitata per poter ancora parlare di libertà, ma poi l’Autore rilancia l’ipotesi che sia non solo possibile, ma doveroso, riprendere questo tema, emancipandolo dagli ambiti in cui per secoli è stato indagato: quello filosofico e religioso.
“La libertà – idea, desiderio, utopia, esperienza che sia – è troppo importante come fattore motivazionale di mobilitazione per ignorarne l’impatto sulla vita degli esseri umani, presi singolarmente o in gruppo” (pag. 127).
Come si risolve il dilemma? Quale sarà alla fine il responso? Entro questo mare magnum di vincoli e confini rimane all’essere umano uno spazio di libertà? In quali ambiti, in quale direzione?
Non sveleremo qui la conclusione del libro.
Diremo solo che ci sono apparse molto promettenti le categorie di fessurazione e di figura di soglia, a cui l’Autore sembra dare la fisionomia di veri e propri costrutti per indagare ulteriormente non solo il passato (come è stato possibile sottrarsi alle rappresentazioni sociali e a stereotipi dominanti – riguardo, per esempio, i cambiamenti prodotti dal movimento femminista), ma anche per capire come possono funzionare nel futuro, in considerazione dei nuovi condizionamenti – e delle nuove opportunità – dovuti alla massiccia presenza della tecnologia in ogni ambito della vita umana.
Altrettanto generativi, per ragionare di libertà e abbandonare approcci troppo lineari, appaiono gli accenni ad autori come Bateson o Bauman: sarebbe interessante che, in un prossimo contributo, Segatori potesse sviluppare maggiormente le prospettive aperte da questi autori (che sono rimasti un po’ schiacciati dentro i vincoli imposti dalla necessità di sintesi all’interno di un excursus veramente molto ampio), perché, con le loro teorie di complessità e liquidità, essi introducono nuovi paradigmi, in grado di sottrarre il tema trattato alla determinazione e al riduzionismo che sembrano talvolta governare i naviganti, facendoli perdere in un mare senza orizzonte.
ANNA CAPPELLETTI