Disabilità: lo sport diventa un “divertente farmaco”
La malattia grave colpisce l’uomo indebolendolo fino a piegarlo su se stesso senza possibilità di ripresa. In alcuni casi però, il dolore fisico e spirituale riescono a innescare una ripresa, una reazione verso l’alto, un recupero delle proprie forze che fanno somigliare la persona menomata a una persona sana. Anzi, quando la spinta è così motivata, il traguardo che il disabile può raggiungere è così alto e articolato che spesso una persona sana non riesce nemmeno a immaginare di percorrerlo, seppure in parte. È quello che è successo a due fratelli gemelli di Magione, Luca e David Panichi, due storie simili che sono un esempio di amore fraterno, amore per la vita, amore per lo sport. Luca era un ciclista promettente, correva con la squadra di Pantani, la Mercatone 1, quando durante una gara a cronometro viene investito da una macchina. Un frontale che lo paralizza e lo rende paraplegico. La paraplegia è una forma di paralisi degli arti inferiori determinata da una lesione nervosa centrale o periferica. Da quel momento la vita di Luca cambia radicalmente. La letteratura scientifica nell’ambito della medicina dello sport ci insegna che se iniziamo a fare sport già nella tenera infanzia, il corpo è in grado di ammalarsi di meno, resiste alle malattie e quando intercorre una malattia o un incidente le possibilità di recupero sono veramente ottime. Praticare un’attività fisica costantemente, in maniera moderata, per quattro cinque volte a settimana, significa avere una bassa incidenza di sviluppare un cancro o una malattia cardiovascolare o metabolica come il diabete, ma significa anche avere risorse straordinarie qualora il corpo si dovesse ammalare. Luca non ha mai perso il suo sguardo positivo sulla vita. Si allena costantemente, il suo corpo paraplegico non ha bisogno di farmaci grazie all’attività fisica praticata. Grazie a sedute di allenamento mirate, il suo fisico finito in carrozzina è in grado di raggiungere la vetta dello Stelvio dopo 26 km di sforzi. Ma David non è da meno. Innamorato del ciclismo, vede svanire la possibilità di praticarlo a causa di una grave patologia cardiaca (la Tetralogia di Fallot), una cardiopatia congenita caratterizzata da più difetti delle camere cardiache e delle principali arterie che impediscono una corretta funzionalità del cuore e il trasporto di ossigeno nel sangue. Purtroppo, in seguito si ammala di diabete mellito insulino dipedente che lo costringe a far uso di un infusore e un monitoraggio continuo della glicemia e dell’uso dell’insulina. Tutti questi ostacoli non impediscono a David di praticare quasi giornalmente lo sport del ciclismo. Dopo l’operazione al cuore, dopo le visite endocrinologiche, invece di cessare lo sport, David, sotto strettissima sorveglianza del medico dello sport, inizia a considerare lo sport del ciclismo come un “divertente farmaco” in grado di farlo vivere da protagonista. David e Luca sono sani, vivaci, positivi. La loro patologia è stata uno stimolo e la disabilità non ha impedito loro di vivere al massimo delle possibilità.
GIOVANNI BONI, MEDICO DELLO SPORT