“Per combattere l’Isis dobbiamo unirci e conoscerci”. Chaimaa Fatihi, musulmana italiana, presenta a Foligno “Non ci avrete mai”
Gli ultimi fatti di cronaca, dall’attacco a Westminster al più recente attentato di San Pietroburgo, ci rinnovano ogni volta la paura e la vulnerabilità che ci fanno sentire sempre più insicuri persino lungo le strade di casa nostra, su un marciapiede che diventa obiettivo di un’auto impazzita o in una metropolitana affollata che si sgretola sotto il tritolo lasciando solo morti, feriti e devastazione. Chaimaa Fatihi, 24 anni, musulmana italiana, sono anni, invece, che si è apertamente schierata contro l’Isis arrivando a scrivere, anzi, una lettera proprio ai terroristi dopo la strage al Bataclan. “Dopo l’attacco a Parigi ho provato subito rabbia e dolore, ma ciò che mi ha suscitato ancora più orrore è stato che si dissanguasse un popolo in nome di Dio”. Nel presentare il suo libro, “Non ci avrete mai”, nell’Arca del Mediterraneo domenica 2 aprile, grazie alla collaborazione tra il Progetto Lettura (coordinato dalla professoressa Ivana Donati) e la Caritas di Foligno, Chaimaa è ferma sulla sua posizione: “L’Isis non è uno stato islamico, i terroristi non sono i portatori della voce di Dio, anzi, non dobbiamo avere paura e per combattere il terrorismo dobbiamo unirci, non dividerci, e conoscerci”. Un incontro, dunque, che si è rivelato più un dialogo che una semplice presentazione, che ha incuriosito, suscitato domande, confronti e riflessioni di fronte alle quali Chaimaa non si è mai tirata indietro. Ha raccontato, quindi, della sua famiglia, della scelta di indossare il velo e della necessità dell’informazione per vincere la paura e crescere nella pace e nella convivenza. “A 14 anni ho partecipato al primo convegno del Movimento dei Giovani Musulmani Italiani. È stato possibile solo grazie alla mia famiglia: per me è stata fondamentale la vicinanza dei miei genitori, vedere il grandissimo rispetto che c’è sempre stato tra loro e come mio padre abbia sempre sostenuto mia madre nel cercare un lavoro per integrarsi meglio in Italia. Solo con questa interazione io oggi mi sento italiana, indipendentemente dal velo, e ho potuto fare liberamente delle scelte”.
ANNAMARIA BARTOLINI