Terremoto e ricostruzione. La logica della “buona notizia”
Il 24 gennaio ha una duplice importanza: oltre a San Feliciano, si festeggia anche San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Vescovo cattolico francese, viene ricordato perché dedicò grandi energie alla predicazione e inventò i “manifesti”, fogli volanti distribuiti come mezzo di informazione religiosa e catechesi. Ma San Francesco di Sales è noto soprattutto per avere scelto di evitare toni polemici puntando sul metodo del dialogo: “Se sbaglio, voglio farlo per troppa bontà piuttosto che per troppo rigore”.
Nella Diocesi in cui dal 1965 viene assegnato il Premio della Bontà a “quel caso nel quale risplendesse la bontà in una sua purezza integrale, senza ragioni di solidarietà sociale”, le parole del Papa in occasione della 51ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali hanno significati ancora più pregnanti. Francesco invita a ricercare uno “stile comunicativo aperto e creativo, che non sia mai disposto a concedere al male un ruolo da protagonista, ma cerchi di mettere in luce le possibili soluzioni, ispirando un approccio propositivo e responsabile nelle persone a cui si comunica la notizia”, al fine di “offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo narrazioni contrassegnate dalla logica della buona notizia”.
Il messaggio di Bergoglio è stato rilanciato dal Vescovo Gualtiero nel corso del consueto incontro annuale con i giornalisti locali. Tra i tanti temi toccati, mons. Sigismondi ha sottolineato che il terremoto ha messo in evidenza la bontà della ricostruzione, ma di certo ha posto in risalto anche le debolezze che devono essere perfezionate. Perfezionare, proprio intorno a questo concetto ruota gran parte della futura ricostruzione. Il famoso modello umbro post ‘97, studiato persino a livello europeo, puntò su ripresa immediata delle attività produttive, ristrutturazione fisica degli insediamenti, valorizzazione delle radici etniche e culturali, tutela delle componenti sociali più deboli, rivitalizzazione delle aree montane più marginali, ricostruzione integrale dei centri storici distrutti, delle chiese e dei monumenti. Il tutto cercando di snellire per quanto possibile la complessità del procedimento.
Oggi che nel nostro territorio ci sono stati danni decisamente inferiori, non sappiamo quando potrà riaprire la Cattedrale di San Feliciano, ma l’impressione è che i tempi saranno molto lunghi e non facilitati da un accentramento dell’intera macchina organizzativa: rispetto a quanto fatto in passato, il passo indietro sembra netto e decisamente incomprensibile.
Il rischio, come ricordato anche nel corso dell’Angelus da Papa Francesco, è che la burocrazia faccia aspettare e ulteriormente soffrire le popolazioni colpite dal sisma e consenta di riguadagnare posizioni alle disperanti parole del Petrarca, che speravamo di aver superato: “Ai terremoti non v’è rimedio alcuno. Se il cielo ci minaccia con le folgori, pure si trova scampo nelle caverne… Ma contro i terremoti non vale la fuga, non giovano nascondigli […], né ingegno, né forza”.
Tuttavia, nella logica della “buona notizia”, ci auguriamo che il modello umbro venga perfezionato e non accantonato.
ENRICO PRESILLA