Il Foligno calcio si è dissolto. Spente anche le “Luci al Blasone”
L’ultimo gollonzo lo ha fatto la Prefettura con l’interdittiva antimafia che ha così spento le ultime ‘Luci al Blasone’. Una fine ingloriosa per i falchetti che nessuno si aspettava anche se le avvisaglie erano quasi evidenti dopo la ‘sòla’ Nuccilli e l’ingloriosa fine di Ius. Ci viene in mente il famoso canto piratesco del romanzo “L’isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson… “Quindici uomini sulla cassa del morto…”. In tanti, indomiti falchetti, sono rimasti fino a domenica scorsa dopo che la dirigenza aveva abbandonato già da tempo i trenta biancazzurri sul prato verde del Blasone non lasciando loro, come accadde nella storia dell’isola del tesoro, nemmeno la famosa bottiglia di rum perché era stata scolata prima. Dopo le undici artigliate dell’Aquila i falchetti sono spariti e il Blasone è stato chiuso. E il catenaccio verrà definitivamente messo anche alla società. E i tifosi? Dopo la prova di orgoglio della scorsa settimana quando hanno riempito di cori le vie del centro storico, sono amareggiati, sfiduciati e schifati. Eppure qualche anno fa, la domenica, fuggivano da casa per andare allo stadio. Sventolavano bandiere, suonavano le raganelle, lanciavano razzi, stelle filanti e coriandoli, suonavano tamburi. E il Blasone diventava spazio sacro con migliaia di fedeli che inneggiavano, pregavano le proprie divinità insultando ovviamente l’arbitro. Ora sul Blasone è scesa l’ombra, al frastuono si è opposto il silenzio e le fiamme di fuochi fugaci delle gradinate di cemento si sono definitivamente spente. Il Blasone è rimasto solo e il tifoso si è allontanato, sparpagliato, perduto. E la domenica è diventata malinconia, come un mercoledì delle ceneri dopo la morte del carnevale.
ROBERTO DI MEO