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Migranti e lavoro le mani tese della Chiesa

Se c’è un’occasione in cui, più che in ogni altra, il Vescovo di Foligno parla all’intera città, questa è la solennità di San Feliciano, in cui i folignati non vedono solo l’evangelizzatore, il vescovo e il martire, ma anche il fondatore insieme della Chiesa particolare e dell’identità cittadina. Il messaggio di mons. Gualtiero Sigismondi è costituito da un trittico che inizia con la riflessione nei Primi Vespri, prosegue con l’omelia della solenne celebrazione nel giorno della festa e si conclude nei Secondi Vespri, al termine della Processione.
Quest’anno mons. Sigismondi, dopo essersi rivolto alla comunità cristiana esortandola ad una fede forte e ad una visibile unità ecclesiale alla vigilia della festa, ha posto all’attenzione dei folignati due temi di grande attualità. Durante la Messa solenne, prendendo spunto dal simulacro di San Feliciano “profugo a causa del flagello del terremoto e rifugiato sotto il manto della Vergine Maria” nel Santuario a lei dedicato, il Vescovo ha parlato del fenomeno migratorio, che deve essere “regolamentato, ma non impedito innalzando muri e fili spinati”. “I migranti – ha proseguito – prima di essere numeri sono persone”: certamente si devono rimuovere le cause delle migrazioni, che sono guerre e miseria, ma a noi, nell’immediato, è richiesto di “confrontarci sia con la questione dell’accoglienza, sia con il problema dell’integrazione”, che necessitano di “progetti concreti e realistici di inserimento” che tengano conto dell’“impatto positivo del fenomeno migratorio sulla demografia e sull’economia” e partano dalla scuola, “ove si impara a risolvere la contrapposizione tra identità e accoglienza e si ok - Migranti e lavoroeduca a garantire la convivenza nella differenza”. A tal proposito il Vescovo ha ammonito a “non permettere che il rifiuto dello straniero si insinui nella formazione delle classi scolastiche con la scusa di salvaguardare il livello degli studi”.
Mons. Sigismondi è tornato sui temi sociali anche nella riflessione fatta nei Secondi Vespri, che hanno concluso la Processione. Prendendo spunto dalle centinaia di fedeli che hanno venerato la statua di San Feliciano, il Vescovo ha immaginato che “la loro preghiera più accorata e più largamente condivisa” potesse essere la richiesta di un lavoro da parte di chi lo ha perso o da parte dei giovani che non riescono a formare una famiglia, oppure il pianto dei lavoratori la cui dignità è calpestata, e così ha esortato tutti a “non lasciare nulla di intentato per salvare e recuperare posti di lavoro” e soprattutto a “non rassegnarsi all’egemonia della finanza sull’economia”.
Per dare speranza e per iniziare un’attenta riforma degli stili di vita, la Chiesa è in prima linea, alleata delle istituzioni con le quali collabora, specie attraverso la Caritas, con sinergia e saggia, lungimirante dedizione.

FABIO MASSIMO MATTONI

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