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Referendum, dopo il no riecco le Province E si fanno avanti le Repubbliche marinare

Province. Le centosette sorelle italiane, riesumate con il referendum di domenica scorsa, sono uscite dalle catacombe dove avevano vissuto in questi ultimi periodi. E adesso si rifanno nuovamente sotto visto che quasi tutte sono andate più o meno in dissesto. Con gli oltre centomila chilometri di strade da amministrare e cinquemila scuole, le rinate Province hanno deciso di battere cassa. “Siamo redivivi”, dicono gli amministratori, e prendendo in prestito il tormentone estivo di Fabio Rovazzi hanno inneggiato in coro ‘Andiamo a comandare’. Intanto musiche celestiali si sono diffuse nell’etere dai sotterranei del Cnel. Pare che si sia ballata la quadriglia fino alle luci dell’alba con il banditore che gridava “changez la femme!”, riferendosi ovviamente alla Maria Elena nazionale autrice dell’intrigo. E nell’euforia generale per la grande vittoria ottenuta dai No abbiamo appreso dai nostri servizi che si stanno facendo avanti le Repubbliche Marinare che vorrebbero rivendicare, sempre tramite voto popolare, i loro confini. Addirittura Venezia vuole che i suoi cittadini e il suo dialetto (ostrega!) siano considerati minoranza etnica al pari del Sud Tirolo. E poi i Pisani vorrebbero finalmente erigere una barriera di pescespinato al confine di Livorno sulla direttrice Fi.Pi.Li. mentre a Genova il policomico Grillo sta predisponendo una battaglia finale contro Roma. Ma dai colli capitolini già corre insistentemente la voce di riunioni sempre più accese nelle segrete di Castel Sant’Angelo. La notizia non è stata né confermata né smentita: addirittura c’è chi giura e spergiura che ci si sta preparando al ritorno dello Stato Pontificio. Con la povera Umbria che si affida sempre a Francesco.

ROBERTO DI MEO

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