È davvero una buona scuola? Mondo istruzione: le riflessioni di un liceale
Disguido, intoppo e disorganizzazione sono le parole chiave necessarie ad analizzare e comprendere l’attuale situazione delle scuole italiane, molte delle quali ancora prive di un orario giornaliero definito sul quale basare i programmi da svolgere durante l’anno scolastico. Non senza un certo imbarazzo, i presidi degli italici istituti stanno tentando in questi giorni di definire una spartizione oraria delle varie materie, se non comoda per i professori (e per gli alunni), almeno credibile e funzionale nel breve. Compito sicuramente difficile, viste le difficoltà riscontrate dalle regioni nel distribuire i propri docenti in modo da coprire tutti i posti vacanti; impresa ben lontana dall’essere risolta, visto che di un orario fisso e stabile se ne potrà parlare, incrociando le dita, non prima del mese prossimo. Un guasto burocratico, questo, che costa caro ai nervi sia degli insegnanti, impossibilitati a stabilire una data precisa per compiti ed interrogazioni (nonché in difficoltà nello spostarsi da istituto ad istituto), sia degli studenti, costretti a tenersi a galla in un limbo di incertezze e impegni scolastici accalcati in settimane rese quasi invalicabili anche per lo studente più ligio. Per quanto mi riguarda, in quanto studente, da circa 28 ore di lezione settimanali fatte sinora, mi trovo adesso a sforare le 31 disposte per il Liceo Classico. Sicuramente sarete portati a pensare che l’aumento di ore sia correlato al recupero di quelle perse; in realtà non si tratta di buoni propositi, ma ancora una volta di sviste e malintesi, che male si sposano con gli intenti iniziali che avevano partorito la Buona Scuola. Alla fine della favola, possiamo concludere che sia in questo momento interesse comune riportare le cose alla normalità. Più che valorizzate, infatti, le scuole sembrano essere in debito d’ossigeno e in netto ritardo sulla tabella di marcia. Più che potenziato, il ruolo del preside pare essere diventato quello di un manager abbandonato a sé stesso nell’amministrazione della propria azienda. Più che di POF (Piano Offerta Formativa), stiamo parlando di cattedre che con un “PUFF” rimangono scoperte, contribuendo ad alimentare il caos entropico che ormai regna sovrano. Ci auguriamo almeno che i finanziamenti siano sufficienti alla riparazione di infiltrazioni e crepe nelle scuole e a fornire il materiale necessario ai laboratori didattici (anche della semplicissima carta igienica andrebbe benone). Non resta ora a docenti e ragazzi che aspettare provvedimenti dall’alto, stando comunque attenti a temporali e acquazzoni; ben poco possono contro di essi gli antichi muri e le vetuste finestre.
VITTORIO BITTI