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Il restauro trasforma in “trocco” una fontana “littoria”

come-trasformare-in-trocco1 come-trasformare-in-trocco2 come-trasformare-in-trocco3Quanto, nella nostra città, è elevata la qualità che presiede alla cura di quello che un tempo era chiamato il “pubblico ornato” lo hanno dimostrato in grande i “restauri postsismici”. Comunque, si può evincere anche da interventi “minimalisti” come il “restauro” di una fontanella littoria che, a lavori finiti, è più brutta di quando fu edificata durante la guerra, nell’anno XX dell’E. F. che campeggia, seppur sfregiato, sul suo frontone, perché privata di quella ratio romana che all’epoca aveva presieduto alla sua edificazione.
Dopo il “restauro” la fontanella dell’Acqua Bianca si è ritrovata con lo spesso bordo della vasca arrotondato e non più piatto, come era prima, come fosse diventata un “trocco” o un abbeveratoio per pecore e muli. Convesso e smussato è, infatti, il bordo dei “trocchi”, come quello delle greppie, affinché non abbia a dolersi la “collareccia” del bestiame strisciando nel bere, o nel mangiare, sul bordo spigoloso dell’invaso. Quell’arrotondamento è “stonato” con il resto dell’architettura rettilinea e razionale della fontana. È evidente l’incoerenza e, quindi, la bruttura perché è venuta meno la funzione che il bordo ben spesso, all’origine piatto, aveva ed ha in ogni fontana che si rispetti. E questa dell’Acqua Bianca è una fontana da rispettare perché il suo modello è nella Pompei restaurata in modo magistrale da Amedeo Maturi, negli anni ‘30. Il modello fu tenuto presente in modo consapevole dagli architetti della “terza Roma” che rifecero, durante la guerra e la costruzione dell’EUR, anche le fontanelle dell’ANAS lungo la Flaminia da Roma a Fano.
Pertanto il bordo della fontana era stato fatto piatto, ma leggermente inclinato verso l’interno per evitare il ristagno, e così lo ricordo da giovane, perché serviva per appoggiarvi un bicchiere, una bottiglia o una brocca che oggi, tondeggiante il bordo, non possono che essere tenuti in mano o messi per terra. Non avendo più una ragione interna che lo sorregge nel suo essere tondeggiante, rispetto alla struttura quadrata e rettilinea dominante l’architettura della fontana, il corposo e rigonfio bordo così fatto “sta male” come tutte le cose fatte senza una ragione fondante, perché quella forma non serve a niente e a nessuno nemmeno ai somari che oggi di certo sono meno di quanti ne andavano a spasso 75 anni fa quando la Flaminia era ancora strada di someggiate e transumanze.
I bisogni del bestiame erano stati, comunque, tenuti presenti dagli artefici della fontana pompeiana come dai progettisti di quella littoria non arrotondando il bordo piatto ma smussandone gli spigoli così da contemperare le attenzioni verso il bestiame con la funzione statica di piano di appoggio che i bordi in tal modo continuavano ad assolvere. Sarebbe bastato andare a Costacciaro, dove ce ne è un’altra intatta e conservata con gran cura dall’Amministrazione di quella città, o sulla vecchia Somma, per sincerarsi di come all’origine era stato fatto il bordo delle fontanelle fasciste costruite lungo la Flaminia. Ma tanto che questo sia tondo o piatto chi se lo ricorda, chi se ne accorge e, per restare nel lessico littorio in auge al tempo della loro edificazione, chi se ne frega. Comunque, malgrado i tempi di guerra, quell’opera pubblica era stata concepita con intenti monumentali e realizzata per durare nel tempo. Pertanto, era stata costruita a regola d’arte con pietre di calcare di ottima qualità giuntate con grappe di ferro saldate con piombo, come facevano gli antichi Romani, e non con fissile e friabile “pietra morta” o pietra calcarea geliva come quella dei marciapiedi di Colfiorito o della pavimentazione di Foligno del dopo terremoto. Quando sono di opere pubbliche le pietre parlano perché sono epifania e specchio fedele della qualità del popolo e del governo che tali opere hanno voluto e realizzato.

IVO PICCHIARELLI

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