“Innovazione e gioco di squadra le condizioni del mio rientro”
Abbiamo compreso e apprezzato le ragioni delle dimissioni da assessore regionale alla sanità del febbraio scorso, ma ora i lettori della Gazzetta vorrebbero capire qualcosa in più: che cosa è cambiato in questi mesi tanto da indurre la presidente Marini a firmare nuovamente il decreto di nomina come assessore?
Quattro mesi fa avevo chiesto alla mia giunta, al mio partito e alla coalizione che sorregge l’amministrazione regionale l’applicazione di due principi: collegialità nelle scelte e innovazione. All’epoca è stato negato il lavoro di squadra. Quanto al secondo, beh… ritenevo e ritengo indifferibile inserire un elemento di discontinuità nell’azione dell’amministrazione. Attenzione, non parlo di rottamazione, che postula un giudizio negativo complessivo su chi c’è stato prima, ma di innovazione, cioè della capacità di saper cogliere e adattarsi alle nuove esigenze. L’innovazione ci vuole anche nelle nomine, si tratta di un principio etico e di buon senso, che deve valere per tutti; il cosiddetto doppio mandato deve essere concretamente applicabile anche per le apicalità tecniche: dopo che sei stato nello stesso posto 15-20 anni devi lasciare spazio.
È stato recepito questo principio?
Ci abbiamo messo un po’ troppo, ma abbiamo redatto un documento approvato dal Pd e dal gruppo consiliare, in cui forse per la prima volta in un’amministrazione viene inserito questo principio dell’innovazione da applicare subito. L’abbiamo scritto in maniera indelebile ed è alla base del mio rientro e del superamento della crisi. Da qui a settembre, alla luce di questo principio, verranno rivisitate alcune scelte che non rispondono a questi requisiti.
Quindi, in estrema sintesi, come potremmo descrivere quanto accaduto: trattato di pace, tregua armata, armistizio o reciproche concessioni?
Mah… In una prima fase il problema è stato sottovalutato anche dal partito, è stato un errore ricondurre tutta la crisi alle poltrone, ho dato dimostrazione di potermene andare in ogni momento. Il superamento della fase di stallo è avvenuto quando si è capito, e sono occorsi tre mesi, che il problema era l’attuazione dei principi (lavoro di squadra e innovazione).
La sanità umbra è al decimo posto per qualità dei servizi e sono state più volte evidenziate le criticità: eccessivo numero delle aziende sanitarie, inutili sovrapposizioni, eccesso di dirigenti, tempi di attesa insopportabili, ingerenze politiche. Quali saranno i primi passi per migliorare la situazione?
Sulle misurazioni andrei cauto, in quanto misurare la qualità del sistema sanitario è molto complicato. È vero che c’è stata una contrazione delle risorse, ma va comunque innalzato il livello dei servizi. Il modello sanitario che oggi abbiamo è quello pensato negli anni settanta e realizzato negli anni ottanta; dagli anni novanta in poi abbiamo fatto giusto una sorta di manutenzione. Occorre una ristrutturazione profonda. Qualche anno fa in Umbria c’erano trenta ospedali, oggi ce ne sono quindici e fanno praticamente le stesse cose, ognuno con piccoli numeri: la qualità necessariamente si riduce. I medici crescono solo se hanno un’adeguata casistica. Va quindi superata la visione ospedalocentrica per andare verso un concetto di sanità a diffusione territoriale pensando alle specificità del singolo ospedale.
Quali le resistenze a questo cambiamento?
Ci sono in alto, ma anche in basso. Il cittadino ritiene che sia positivo trovare un ospedale a cinque minuti, ma se penso che il 70% di coloro che si rivolgono al Pronto Soccorso sono codici bianchi, forse dobbiamo potenziare i ruoli dei distretti, dei consultori, delle farmacie, dei servizi. Altro aspetto fondamentale è quello della prevenzione: qualcosa è stato fatto, ma ancora c’è tanto da fare.
Dal punto di vista concreto, in quale direzione si muoverà l’assessorato regionale?
Sul piano sociale cominceremo a dare risposte alle nuove povertà e alle nuove esigenze (ad esempio, anziani e immigrati) attraverso la sburocratizzazione. La regione non gestirà più, farà programmazione e controllo, sul territorio devono starci i comuni; e al centro metteremo la collaborazione con le tante realtà associative, non perché vogliamo delegare e sottrarci agli impegni, ma perché così la lotta alla povertà riesce meglio. Poi, per disegnare il nuovo piano sanitario, punteremo su una grande fase di ascolto e anche agli operatori verrà richiesto un contributo forte: la politica non può trovare da sola tutte le soluzioni. Pensavo infine di istituire una sorta di comitato scientifico super partes, composto da persone autorevoli, ma che non siano umbri e politici e che ci indichino se la strada da un punto di vista sociale e scientifico è quella giusta. La risposta ai bisogni di salute, assistenza e integrazione è l’unica nostra stella polare; troppo spesso l’abbiamo persa di vista, perché al centro abbiamo messo i bisogni della politica, dell’amministrazione e quelli personali.
Foligno e Spoleto sono sempre al centro del dibattito: a che punto è il progetto di integrazione dei due ospedali? Rimarranno entrambi? Con quali ruoli?
Scelte non ne sono state fatte. Saranno effettuate con la collaborazione dei cittadini, delle associazioni, delle istituzioni. Dobbiamo arrivare al superamento della duplicazione di strutture che fanno le stesse cose a 25 km di distanza.
Quindi un ospedale unico?
Immagino che sia un bell’ospedale su due plessi ospedalieri che sono collegati da un corridoio abbastanza lungo, un corridoio a quattro corsie! Se vogliamo essere innovatori dobbiamo evitare sovrapposizioni, altrimenti entrambe le strutture si impoveriranno. Foligno e Spoleto dovranno raggiungere una sorta di collaborazione integrativa per diventare quel terzo polo della sanità ospedaliera tanto sognato e mai realizzato.
Un’ultima battuta. Considerando che l’ormai famoso Nelson (il cane di Barberini, ndr) proseguirà a svolgere il suo ruolo, il direttore Walter Orlandi che cosa farà? Andrà a dirigere la centrale unica interregionale dell’acquisto?
Non ci sono scelte su questo. Con Walter Orlandi abbiamo parlato e buttato giù alcune idee che vorremmo realizzare da qui a settembre, poi vedremo…
ENRICO PRESILLA