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«Sono nato il 15 giugno 1916» Il secolo del professor Antonio Calistri

Facciamo visita ad Antonio Calistri: insegnante di Lettere classiche, preside, saggista, in più ambiti attivo nella vita sociale folignate, il professore alla vigilia del suo centesimo compleanno ci racconta con lucidissima analisi il suo secolo. Relegando al necessario ogni nostra intromissione, viviamo attraverso le sue sole parole un centenario significativo anche per la storia europea.

«Sono nato il 15 giugno 1916 a Ponte San Giovanni. C’era la Grande Guerra e mio padre, ventotto giorni dopo la mia venuta al mondo, partì con i bersaglieri per il fronte per non tornare più. Mia madre dovette crescere da sola me e mio fratello maggiore. Dati i miei successi scolastici, mamma mi mandò in seminario a Perugia, dove ebbi un insegnante che mi fece innamorare delle materie letterarie e della Storia. Vivevo in convitto e di tanto in tanto riscendevo a Ponte San Giovanni dai miei. Maturavo nel frattempo anche l’intenzione di farmi prete. Ma poi la vocazione svanì. Superata la maturità mi iscrissi a Lettere Antiche a Roma, perché in Umbria quok - Intervista ad Antonio Calistri1 - artel corso universitario non c’era ancora. Le difficoltà finanziarie per l’alloggio e la distanza furono superate dando lezioni private, fino alla laurea. Tra le studentesse che venivano a trovarmi conobbi la mia futura moglie, con la quale sono rimasto legato per tutta la vita. Ricordo ancora la data: era il 10 novembre del 1942. Tempi duri. Guerra, dopoguerra, fascismo e di nuovo guerra. Venne anche per me il momento della chiamata alle armi: il giorno dell’Armistizio ero a Mantova, dove fui fatto prigioniero dai nazisti e trasportato su un carro bestiame prima verso Thorn, nel nord della Polonia, quindi a Częstochowa e a a Leopoli, infine a Wietzendorf, in Bassa Sassonia. Un giro infernale dell’Europa Centrale, clima rigidissimo e trattamento disumano durante i viaggi. A Wietzendorf con gli altri prigionieri italiani ci facevamo compagnia il più possibile. Io mi occupavo di sollevare il morale con lezioni di Letteratura italiana e letture dantesche [sulla prigionia a Wietzendorf e sulle lezioni del professor Calistri, si vedano cenni nelle belle pagine scritte dal folignate Michele Benedetti Placchesi nel suo Resistere goccia a goccia. Diario di prigionia a Wietzendorf, recentemente edito dall’Orfini Numeister. In particolare, si vedano le pagine 91 e 249]. Nel campo c’era un ufficiale tedesco che tutti chiamavamo Sonderfūhrer [si tratta di una figura speciale della Wehrmacht tedesca, nata nel 1937 col compito di fungere da guida alle giovani leve durante la mobilitazione] e che aveva studiato Letteratura italiana a Firenze, prima della guerra. Mi fece capire che le mie lezioni su Dante gli erano piaciute molto più di quelle ascoltate in Italia e mi fece avere un buon posto quando ci mandarono a lavorare fuori dalla prigionia per i tedeschi. Anziché in fabbrica, fui affidato a una famiglia contadina che mi prese a ben volere, forse perché ricordavo ai capostipiti il loro il figlio partito anche lui per la guerra e disperso chissà dove. Li ricordo ancora benissimo, specie quando si preoccupavano della mia malnutrizione, appellandomi con un “Keine Kraft!” [Non hai alcuna forza!]. Dopo qualche tempo arrivarono gli Inglesi e la guerra finì. Il 14 settembre del 1945 bussai alla porta di casa a Ponte San Giovanni: il giorno più bello della vita mia! Il primo dicembre dello stesso anno mi sono sposato; ho continuato a dare lezioni private e nel frattempo ho preso le abilitazioni per insegnare Italiano, Latino e Storia alle Superiori. Ho quindi fatto il concorso e ottenuto il mio primo incarico: al Liceo Scientifico di Foligno ebbe inizio la mia carriera. Passai poi al Classico e con mia moglie [Clara Galassi, che è divenuta maestra elementare nella nostra città] decidemmo di trasferirci a Foligno e di rimanervi per sempre. Ho dedicato tutta la vita alla scuola, prima come insegnante, poi da preside, prima alle Magistrali e poi proprio al Liceo Classico. Fino al pensionamento, nel 1976». Grande l’impegno di Antonio Calistri nella vita culturale cittadina: la nascita del laboratorio di scienze sperimentali, il contributo a vari sodalizi (il Rotary, gli Amici della Musica, Le Marie Cristine, la Pro Foligno), le pubblicazioni, relative specialmente ai suoi due grandi amori letterari: «Dante e Leopardi sono stati per me come dei compagni di vita. Ho dedicato loro tante pagine e ho ricevuto tante soddisfazioni»; e le lecturae Dantis: «Dagli anni Sessanta ne ho tenute a decine, non solo a Foligno. L’ultima solo quattro anni fa, all’Università per Stranieri di Perugia, dove ho commentato il X dell’Inferno, il canto di Farinata». Antonio Calistri è stato anche alla presidenza della sezione folignate della Società Dante Alighieri – l’ente, ormai scomparso nella nostra città, che dalla fine dell’Ottocento si occupa della tutela e della diffusione della Lingua italiana nel mondo. Appassionato di calcio (è interista dai tempi di Mariolino Corso), sportivo, salutista, il professore può forse suggerirci come vivere più di un secolo: «Leggo tutte le mattine, sono morigerato nel mangiare, non ho mai fumato, ho sempre camminato a piedi e usato tantissimo la bicicletta, almeno fino a due anni fa». Ma il suo ultimo pensiero è per la scuola: «I miei ricordi più cari corrono spesso ai tempi dell’insegnamento: ho amato più la cattedra e gli allievi della burocrazia della presidenza. Il buon insegnante? Dovrebbe avere due caratteri: la passione per la propria dottrina e il rispetto per gli alunni».

MAURIZIO COCCIA

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