In famiglia si impara che il bene comune prevale sugli interessi personali
Incontro il Vescovo Gualtiero alla stazione, di ritorno dall’Assemblea Generale della CEI, come al solito carico di borse che dopo qualche insistenza mi permette di aiutarlo a portare. Le giornate romane lo hanno impegnato molto, ma dal suo volto traspaiono gioia e soddisfazione.
Eccellenza, l’Assemblea Generale della CEI riunisce tutti i vescovi italiani. Che atmosfera si respira? Come sta la Chiesa italiana?
L’Assemblea Generale è un termometro per salute della Chiesa in Italia, che sta bene, come è emerso sia dalle parole dei vescovi, sia da quelle di Papa Francesco. Il Papa ci ha dimostrato il suo affetto sia nella parte pubblica dell’udienza che ci ha riservato, sia in quella a porte chiuse, lodando soprattutto il ruolo dei parroci nel presidiare il territorio e annunciare il Vangelo alla gente. Poi è stata evidente la concordia tra noi vescovi, autorevolmente guidati nel dialogo dal Presidente, il card. Angelo Bagnasco, che è bravissimo nel fare sintesi delle varie posizioni trovando sempre un punto di convergenza. Tra l’altro, è stato bello poter festeggiare con lui in San Pietro il suo 50° anniversario di sacerdozio.
Lei Presiede la Commissione Episcopale per il Clero e la Vita Consacrata e quest’Assemblea ha affrontato il tema della formazione permanente del clero. Qual è stato il suo compito?
Mi è stata affidata la relazione che ha fatto da filo conduttore dei lavori e che è stata anticipata dall’intervento del Papa. I vescovi italiani sono consapevoli che la formazione dei preti non è conclusa una volta per tutte al termine del Seminario, perché il sacerdozio è una grazia da riscoprire sempre con gratitudine. Abbiamo deciso di non parlare ai preti, ma di interrogarci su cosa, come vescovi, possiamo fare perché essi svolgano il loro ministero con entusiasmo in un contesto difficile e in rapida evoluzione. Dobbiamo investire tempo sui preti allo stesso modo in cui essi si concentrano sul popolo di Dio loro affidato, imparando a “suonare il campanello”, perché suonare le campane non è più sufficiente, e aprendo la porta a chi suona alla canonica. Il Papa stesso ha dato il “la” all’Assemblea facendo l’identikit di un prete che si “dona” al popolo, oltre a “spendersi”.
Molte energie se ne vanno per la gestione amministrativa delle parrocchie.
Sì, anche se i parroci non possono delegare a nessuno la responsabilità amministrativa della parrocchia, tuttavia possono condividerla, innanzitutto con il Consiglio Pastorale e con il Consiglio Affari Economici. Auspichiamo assoluta trasparenza dei bilanci e completa tracciabilità dei flussi di denaro: in Diocesi lo facciamo già e contiamo di proseguire su questa strada pubblicando anche in internet tutti i nostri conti.
Giungiamo al tema delle unioni civili.
La Chiesa ha una posizione chiara anche se, come ha rilevato il card. Bagnasco, i giornali mettono sempre il silenziatore a queste affermazioni “controcorrente”, soprattutto quando provengono dalla bocca del Santo Padre.
L’attenzione è stata tutta per la “Chiesa scalza”.
Già. Ma il Papa non intendeva dire che “il prete” deve essere solo sobrio, ma scalzo come Mosè di fronte al roveto ardente: scalzo perché è santo il suolo che calpesta, santa è ogni persona a cui deve annunciare il Vangelo! Comunque, sulla posizione espressa dal card. Bagnasco sulle unioni civili c’è stata totale convergenza. Una legge che equipara altre forme di convivenza al matrimonio tra un uomo e una donna, spianando inoltre la strada all’”utero in affitto” che mercifica la procreazione, non può essere accettata. Non intendo condannare nessuno, ma nulla può essere artificialmente equiparato alla famiglia naturale basata sull’unione stabile e feconda tra un uomo e una donna, di cui dobbiamo riscoprire e far scoprire tutta la bellezza. L’esortazione apostolica di Papa Francesco “Amoris Laetitia” presenta in positivo l’amore umano ed è un vero inno alla famiglia. Ringrazio sempre il Signore per la famiglia, cellula della società: senza di essa non impareremmo mai cosa significhi la stabilità, la sicurezza, il prevalere del bene comune sugli interessi personali. Soffro quando vedo giovani che non hanno punti di riferimento e famiglie sulle quali contare, perché ferite e divise. È importante anche una corretta educazione al maschile e al femminile per dare ai figli una personalità armonica, ben formata, senza ferite.
Eppure, le istituzioni esultano per l’approvazione della legge sulle unioni civili: anche sul Palazzo Comunale sventola la bandiera arcobaleno.
Io credo che le istituzioni non debbano schierarsi, ma rappresentare tutti. Dato che di bandiere, in tempo di Quintana, ce ne sono già molte, preferirei che sul Municipio sventolassero solo il Tricolore, la bandiera dell’Unione Europea e quella del Comune. Io, se servisse, mi limiterei ad alzare bandiera bianca per chiedere la fine delle ostilità contro la famiglia naturale, che è riconosciuta dalla Costituzione come l’unica meritevole di tutela ma è attaccata da ogni parte e non gode di sufficienti protezioni e sussidi rispetto al ruolo che ha nella società.
Sulla Giunta spirano venti di crisi.
Con il Sindaco Mismetti ho
sempre avuto buoni rapporti personali e istituzionali nella reciproca autonomia e non credo che meriti di essere sfiduciato. I cittadini non trarrebbero alcun vantaggio da un inutile commissariamento, ma soprattutto non sono chiare le ragioni profonde di un dissenso che ha poco a che vedere con il bilancio. Temo un regolamento di conti, sebbene i conti siano in ordine!
Cosa direbbe ai Consiglieri?
Auspico che, giocando a carte scoperte, si giunga a ricucire lo strappo rispettando il mandato degli elettori: magari ci sarà bisogno di aggiustare la rotta, di guardare di più al futuro… ma bisogna farlo anteponendo le attese della gente all’attesa di una poltrona.
FABIO MASSIMO MATTONI