La Gemma nascosta e la Befana
Parlare di gemma a Foligno significa ridestare l’eco dell’inno O Gemma clara martyrum, che ogni anno risuona nella cattedrale di San Feliciano nel giorno della sua festa.
Per la prima volta lo ascoltai il 24 gennaio 2009, quando il coro lo eseguì sulle note del compositore fiammingo Johannes Tollius. Quella maestosa, classica polifonia orante mi affascinò. Erano passati appena tre anni da quando avvenne la prima esecuzione moderna dell’inno, il 27 agosto 2006 a Foligno nell’auditorium di San Domenico. In seguito non ebbi più la gioia di sentirne musica e parole, una delle quali suscitava commosse vibrazioni: sis memor tui memorum, ricordati di chi ti ricorda. Ora, infatti, a raggiungere le volte della cattedrale è la travolgente liricità della composizione di Francesco Morlacchi da Perugia.
Con la curiosità del neofita, mi misi alla ricerca di qualche altra melodia del medesimo inno e fu così che mi affidai a internet. Era l’8 marzo 2011. Fui ripagato, perché trovai un «Inno di S. Feliciano a 3 voci» datato 18 gennaio 1850. Non dissi niente a nessuno, nemmeno a don Mario Sensi, “mago” della ricerca archivistica, perché volevo fare una sorpresa a tutti. L’autore dell’opera era tale Pietro Amadei, nato a Loreto il 21 marzo 1809 e ivi morto nel giugno del 1877; fu compositore e organista del santuario della Santa Casa.
Da internet appresi che la partitura si trovava in un archivio italiano la cui sigla era FOd; nella lista delle sigle risultava che si trattava della diocesi di Forlì, archivio della cattedrale. Mi sentii privilegiato, perché il parroco di quella chiesa era stato mio compagno durante gli studi romani. Intanto con l’ardore del neofita già pregustavo il successo di aver trovato, a tanta distanza da Foligno, una traccia della devozione al veneratissimo patrono e Defensor Civitatis.
Pensavo che, se l’inno del Tollius fu pubblicato a Venezia nel 1591, così lontano, poteva ben trovarsi a Forlì la composizione dell’Amadei. Solo nella scorsa estate, durante un giro di vacanza romagnola, a rinverdire antiche amicizie, ho potuto recarmi a Forlì. Don Quinto Fabbri mi aprì ogni porta, tuttavia in quell’archivio, ben ordinato, Pietro Amadei risultava assente tra i vari compositori del secolo XIX, che pure avevano lasciato cospicue opere composte per la cattedrale forlivese.
L’ansia del neofita sembrava essere andata delusa, ma non si arrese, anzi, dato che la necessità aguzza il cervello, come succede ai ricercatori dovetti ricorrere a supposizioni. L’intuizione più semplice fu questa: la sigla FOd non poteva forse, per una omissione tipografica, aver sostituito l’indicazione dell’archivio di FOLd, diocesi di Foligno? È stata questa la chiave che qualche giorno fa, il 5 gennaio 2016, mi ha aperto la porta della biblioteca Iacobilli, dove, con l’autorevole guida di Don Dante Cesarini e l’esperta collaborazione della signora Cesarina Fioretti, la partitura dell’Amadei è apparsa, manoscritta e segnata con la nota di appartenenza al maestro Laurentini. L’avidità del neofita è stata appagata: la gemma nascosta era venuta alla luce dalla calza della Befana!
Ora restano domande e auspici. Chi ha potuto commissionare la composizione a un musicista di Loreto? Certo, Foligno è sulla via lauretana, ma basta questo? Nel 1850 la Gazzetta non era ancora nata; dove poter trovare notizie o indizi? nei registri contabili del Capitolo? in qualche Cronikon? nei libri di padre Florio Grimaldi, già archivista del santuario lauretano e amico di Foligno? La data del 18 gennaio 1850 suggerisce che l’inno sia stato già eseguito di lì a sei giorni, per la festa del Patrono?
L’auspicio è che qualche esperto si dedichi a quanto di analogo ha fatto, professionalmente, Biancamaria Brumana per l’inno del Tollius, oltre che per Morlacchi nel Dizionario Biografico degli Italiani: inquadramento storico e edizione a stampa dell’inno, come mostra il Bollettino Storico della Città di Foligno, organo dell’Accademia Fulginia, nel volume del 2005-2006 alle pagine 467-479.
Con un’ultima nota mi riferisco ai destini dei tre compositori: Tollius, Amadei, Morlacchi, ai quali associo il maestro Laurentini.
Se il Morlacchi conobbe gloria e successo, fino a raggiungere Dresda, dove nel 1811 divenne maestro di cappella a vita ed ebbe come successore nel 1842 Richard Wagner, i tre hanno in comune una umanità prestigiosa, ma meno appariscente. Tollius e Amadei si ritrovano nella loro dedicazione al servizio musicale in due grandi santuari dell’Italia di mezzo: Assisi e Loreto. La vita dell’Amadei è circoscritta entro la cinta muraria di Loreto all’ombra della Santa Casa. Il fiammingo fu frate francescano ad Assisi, che poi lasciò per la Danimarca. Anche il maestro Laurentini vestì il saio francescano, divenendo poi prete a Foligno, dove ebbe una sua Schola cantorum; c’è chi lo ricorda ancora e il prof. Boris Ulianich avrebbe molto da raccontare su di lui, incluse le sue sofferenze fisiche.
Ai folignati, chiudendo, chiederei di permettermi di dedicare tutta la vicenda a quel maestro-mostro degli archivi, che sopra ho ricordato.
FORTUNATO FREZZA