Presepio Fratini 250

Il Presepio…. di padre Fratini

“Natale del 1908. Fu per me felicissimo perché ebbi il fratello laico Fr. Bonaventura Raffaelli e mi aiutò a fare il presepio. Ebbi imprestato il mistero e pastori e re magi ed animali dal Rev.mo Mons. Caterini Ernesto il quale mi vendette per L.350 i suddetti personaggi che un po’ per volta pagai; così il presepio finché Dio mi darà vita lo farò e cercherò di farlo sempre meglio”. Così scrisse padre Luigi Fratini nella cronaca del Convento e chiesa di San Francesco di cui era divenuto parroco tre anni prima. E tenne fede a quella promessa. Non solo di fare ogni anno il presepio, ma di farlo sempre meglio. Perfino durante gli anni terribili della guerra non trascurò questa devozione che per mesi prima del Natale era occasione di operosa ed allegra collaborazione e poi di ammirazione estatica, soprattutto dei bambini. “Dinnanzi al presepe di Foligno”, scrisse Fr. Vittorio M. Costantini in un ricordo del francescano, “i genitori dovevano fare necessariamente da catechisti per rispondere alle mille domande dei piccoli: dovevano spiegare il mistero di amore del Figlio che per noi scende dalle stelle… al freddo e al gelo”. L’ultimo presepio di padre Fratini è raccontato nella Gazzetta di Foligno del 1° gennaio 1946, una settimana esatta prima della sua morte. Era ormai passata la grande paura dei bombardamenti durante i quali la chiesa di San Francesco era rimasta sempre aperta ed il suo campanile era divenuto “rifugio” per tante famiglie, i tempi nei quali il parroco di San Francesco aveva dato voce al bisogno di protezione divina componendo questa preghiera che rincuorava i grandi e cullava i piccini:
Ave Maria gratia plena
fa’ che non suoni la sirena
fa’ che non vengano gli aeroplani
facci dormire sino a domani
se qualche bomba buttano giù
Madre pietosa pensaci tu.
Presepio FratiniIl presepio di San Francesco era tornato quell’universo in movimento dentro ai cui laghi nuotavano veri pesci, sulle cui stradine si poteva camminare davvero e nel quale erano rappresentati tutti i mestieri, tutte le razze, tutti i continenti! L’ignoto redattore racconta così le fasi dell’allestimento che occupava l’intera sacrestia: “E se il visitatore conoscesse la pazienza meticolosa dl P. Fratini, anche per un solo sughero! «Più dritto, più sbieco, rivoltalo, giralo in alto poco, ancora sottosopra, come stava prima ecc ecc.» sono gli ordini che impartisce dal suo posto di osservazione e di direzione per quel benedetto sugheretto, per passare poi ad un secondo che attende la medesima teoria di prove e riprove”.
A settanta anni dalla morte di padre Fratini e a centoquaranta dalla nascita il suo presepe vive ancora. Padre Domenico, l’attuale parroco, e i suoi confratelli hanno tirato fuori le belle statue dalle soffitte del convento, le stanno restaurando una ad una, cercano personaggi nuovi perché i prodigiosi movimenti del Curato Fratini non ci sono più e ad ogni allestimento aggiungono scorci, quartieri, effetti. Mentre aspetto che faccia notte su Betlemme per fotografare le luci del villaggio sopra alla grotta, entrano nella chiesa di San Francesco due donne. Si fermano in contemplazione della scena e parlano col parroco. A una comincia a scendere una lacrima e spiega che quella vista le ricorda i Natali trascorsi lontano, nella sua terra. Sono spuntate le stelle, si accendono le luci, premo il pulsante di scatto e durante il lungo tempo di esposizione sono raggiunto da un pensiero: davanti a ogni presepio ci sentiamo in qualche modo “a casa” perché dove nasce Lui, rinasciamo anche noi.

VILLELMO BARTOLINI

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