Lavoro: tutti ne parlano, tanti lo cercano, pochi lo trovano
Due giorni di approfondimenti e dibattiti nella nostra città con un unico obiettivo: aiutare la crescita
Nei giorni scorsi, in meno di 24 ore e nel raggio di poche centinaia di metri, a Foligno si sono radunati in tre distinti incontri (Istituto San Carlo, Sala Fittaioli e Palazzo Trinci) il sottosegretario al ministero dell’interno Gianpiero Bocci, l’ex-ministro del lavoro Cesare Damiano, il direttore dell’ispettorato del lavoro dell’Umbria Sabatino Chelli, i rappresentanti delle associazioni di categoria locali e regionali, amministratori, sindacalisti e professionisti del settore. L’argomento? Il lavoro.
E se la lingua batte dove il dente duole, tutte le parole proferite sono andate a medicare una ferita aperta: la mancanza di lavoro. Il presidente di Confindustria folignate Giuseppe Metelli, intervenuto all’incontro in cui le associazioni di categoria hanno invitato l’ispettorato del lavoro, ha sottolineato che “nel rapporto ‘Doing Business 2016’ (graduatoria internazionale della competitività stilata dalla Banca Mondiale e misurata dalla facilità delle imprese di operare nel Paese) l’Italia sale di ben 11 posizioni rispetto allo scorso anno, collocandosi al 45mo posto. Nella graduatoria, ancora guidata da Singapore e Nuova Zelanda, la Francia sale di quattro posti passando alla posizione 27, la Germania peggiora di una posizione scendendo a quota 15, mentre la Spagna resta stabile al 33° posto. Il rapporto della Banca Mondiale attribuisce il netto miglioramento dell’Italia a due riforme varate dal governo: quella della giustizia civile e il Jobs Act”.
Ci sarebbe di che sperare, eppure nella riforma promossa dal governo Renzi non mancano zone d’ombra: all’eccessiva monetizzazione del licenziamento, ad esempio, non corrisponde un aiuto concreto che favorisca il reinserimento nel mondo del lavoro (basterebbe puntare più sull’outplacement, una modalità molto utilizzata nei paesi anglosassoni e non presente nel Jobs Act: si tratta di un consulente, pagato dall’impresa che licenzia, che aiuta il lavoratore a ricollocarsi). E neppure i dati di crescita relativi al nostro territorio vanno nella direzione giusta. Abbiamo ascoltato tante proposte, molte delle quali sicuramente sensate e percorribili, come quella del segretario regionale Cisl Ulderico Sbarra relativa al potenziamento della filiera del turismo culturale nel nostro territorio.
Ma allora, esiste una soluzione praticabile e determinante? L’art. 4 della Costituzione, troppo spesso dimenticato, offre uno spunto di grande rilievo, in quanto descrive il lavoro come un diritto/dovere. Se è così allora, accanto all’irrinunciabile contenimento dei costi pubblici e alla semplificazione delle procedure, occorre un vero cambio di mentalità per tornare a considerare il lavoro non solo un diritto, ma anche un preciso dovere al quale ogni individuo deve tendere secondo le proprie capacità, senza storcere il naso dinanzi a occupazioni ritenute di scarso prestigio. Se la necessità aguzza l’ingegno, è bene uscire dal torpore cui il nostro tessuto sociale ci ha abituati con una macchina pubblica che ha sopperito molto spesso anche all’iniziativa privata e ricominciare a dare ossigeno a chi produce lavoro, in qualsiasi forma e a qualsiasi livello (certamente nel rispetto della normativa che necessita di regole più chiare e applicabili), cercando almeno di non mettere i bastoni fra le ruote a chi innova e punta sulla ricerca. E magari incentivando anche i giovani a piccole esperienze lavorative stagionali, in grado di rendere concreto l’approccio con il variegato mondo del lavoro.
ENRICO PRESILLA