In sintonia con l’Arte – L’Oratorio della Beata Angelina
Il fascino non comune delle cose vitali e senza tempo trapela in ogni angolo del monastero di Sant’Anna a Foligno, luogo che racchiude in sé un numero sorprendente di spazi unici per ricchezza artistica e per energia spirituale. Il suo cuore è sicuramente il cosiddetto oratorio della Beata Angelina, vera e propria perla nello scrigno (fig. 1).
Si tratta di un piccolo vano, deputato sin dalle sue origini al raccoglimento della preghiera, che si ispira al celebre modello francescano della Porziuncola. Sulla base di questo importante prototipo, è possibile individuare un terzo edificio, sconosciuto ai più, che presenta una straordinaria affinità con l’oratorio della Beata Angelina: si tratta della chiesetta di Santa Maria della Selvetta, o di San Rocco, situata oggi in un terreno privato nei pressi di Montefalco e che nel XIV secolo divenne luogo di congregazione del Terzo Ordine Francescano: entrambe le strutture presentavano in origine un’ampia apertura frontale ad arco, tamponata in epoca successiva, e conservano sulle pareti d’altare due affreschi rappresentanti la Crocifissione, attribuiti all’ambito della bottega di Giovanni di Corraduccio, il caposcuola della pittura folignate fra XIV e XV secolo.
Nel dipinto dell’oratorio della Beata Angelina la figura di san Francesco, posta ai piedi della croce in posizione orante, si aggiunge agli altri personaggi che parteciparono all’evento storico della Crocifissione (fig. 2)
: la Maddalena, che bacia i piedi del Cristo, la Madonna, sostenuta dalle pie donne nel toccante schema – di stampo prettamente teatrale – del cosiddetto “deliquio della Vergine”, il soldato Longino, Giovanni Evangelista e, all’estrema destra, un altro soldato che rivolge lo sguardo verso l’osservatore e mostra con la mano il crocifisso, in un gesto, dal sapore ancora più spiccatamente teatrale, che sembra alludere al ruolo didascalico della voce fuori campo di una sacra rappresentazione, riallacciandosi al brano evangelico del centurione che pronunciò la frase “Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio!” (Mc 15,39).
Nel presbiterio del piccolo oratorio folignate, sulla parete sinistra, si vede un affresco rappresentante una santa in orazione davanti a un altare (fig. 3). La figura ha un velo e una corona sul capo; in alto a sinistra compare la mano di Dio nel gesto della benedizione, mentre nell’angolo superiore destro si vede la figura di un angelo che reca un boccale e un piccolo asciugamano. Sebbene l’immagine sia stata da alcuni identificata con santa Caterina o con la Maddalena, l’ipotesi più plausibile è, a mio giudizio, che si tratti della beata Angelina, ritratta subito dopo la morte (1435) per volere delle sue consorelle, idealmente santificata, con la corona comitale e in veste laicale. Nella biografia di
Angelina, Ludovico Jacobilli parla di un episodio che probabilmente viene dallo studioso introdotto proprio sulla base dell’osservazione di questo affresco: la consolazione portata alla beata da un angelo, che raccolse le sue lacrime in un vaso prezioso, in seguito alle minacce del padre che la voleva dare in sposa. L’abito bianco a fiori, che costituisce la tipica veste delle spose di Foligno nel Medioevo, si nota anche nella scena delle Nozze di Cana presente nell’antico refettorio del monastero di Sant’Anna ed è probabilmente desunto dalla veste bianca a fiori che caratterizza la raffigurazione della Madonna in riferimento alla sua purezza virginale. Va detto che la brocca e il panno rigonfio, nel quale si ravvisano tre pani, potrebbero essere un simbolo eucaristico, come sembrano suggerire il particolare iconografico dell’altare con le Sacre Scritture e la prossimità del dipinto all’altare dell’oratorio. In effetti, non sfugge l’affinità di questa scena con il noto episodio evangelico della preghiera di Gesù nell’Orto degli Ulivi, iconograficamente rappresentato tramite la figura del Cristo inginocchiato e visitato da un angelo che gli porge il calice simboleggiante il suo sacrificio. È forse però più convincente l’ipotesi che si tratti di Angelina mentre chiede a Dio la via da seguire: la mano che appare sulla sua testa starebbe a rappresentare la protezione della guida divina, mentre l’angelo che reca l’acqua e il pane andrebbe inteso come un simbolo della Provvidenza Celeste, ma anche della penitenza, con allusione alla scelta di Angelina di dedicarsi a una vita di contrizione, perché sostentarsi parvo pane et aqua brevi significava abbracciare un duro regime penitenziale.
Questo affresco è fronteggiato da un altro dipinto, purtroppo molto danneggiato, anch’esso raffigurante una santa vestita con un abito bianco a fiorami, rappresentata con le mani giunte nel momento in cui viene incoronata da due piccoli angeli posti ai lati del suo capo (fig. 4). Va detto che la genericità dell’iconografia non consente anche in questo caso un’identificazione certa, ma proprio questa assenza di attributi specifici potrebbe indicare l’implicito rimando ad Angelina, e cioè alla figura principale della comunità che in questo spazio si raccoglieva in contemplazione religiosa: l’incoronazione da parte di angeli può quindi raffigurare l’esplicitazione dei meriti ottenuti dalla beata attraverso l’atto di abbracciare una vita votata a povertà e castità, atto rappresentato nell’affresco della parete di fronte.
Accanto alla santa incoronata si trova una nicchia-armadio dove venne dipinta una Madonna col Bambino, nella variante iconografica di Maria Glicophilousa, e cioè della Madre che “ama dolcemente” il Figlio, amore suggellato dal delicato contatto fra i due volti. Mi piace qui ricordare una tradizione, riferita da studiosi locali, secondo la quale proprio a quest’opera, dall’apparenza assai umile sia per le dimensioni che per la semplice tecnica a monocromo, sarebbe in realtà legata l’origine stessa dell’intero oratorio.
La grazia silenziosa dell’oratorio è accentuata dall’aspetto semplice e dimesso delle pareti laterali, la cui superficie rimane a livello di intonachino. Si può ipotizzare che fosse prevista una decorazione per qualche ragione non più eseguita; sulla parete sinistra si vede un disegno a carboncino che riproduce lo schema di una piccola Crocifissione, mentre sulla parete destra – tracciati a carboncino e a calce – compaiono, accanto ad alcuni schizzi di stemmi, i Simboli della Passione: un ulteriore e ideale richiamo alla mistica della Congregazione della Beata Angelina, ispirata all’imitazione di Cristo sulle orme del grande esempio di san Francesco.
EMANUELA CECCONELLI