Diocesi: cantiere aperto
Domenica 20 settembre, a poche ore dalla conclusione dei lavori dell’Assemblea diocesana in quella celebrazione che ne è il naturale completamento liturgico, la festa della Dedicazione della Cattedrale, il vescovo Gualtiero Sigismondi durante l’omelia ha voluto indicare con chiarezza che cosa attende la Chiesa di Foligno nell’imminente futuro. Dopo aver ricordato che “la Chiesa è fatta non di mattoni ma di pietre vive” e che “il tempio materiale è segno evocativo della Chiesa viva e operante nella storia, cioè di quel tempio spirituale di cui Cristo è la pietra d’angolo”, un tempio il cui cantiere è sempre aperto e si chiama “evangelizzazione”, il vescovo ha indicato tre priorità di lavoro, riprendendo la metafora del ponte, slogan dell’Assemblea ed immagine così cara a papa Francesco.
Innanzi tutto il ponte tra “liturgia e vita, tra preghiera e azione, tra gesti e parole” (Andrea Riccardi nella sua relazione aveva detto “tra diaconìa ed eucaristia”). Il vescovo ha chiarito che è un ponte già in piedi, ma che deve essere rinforzato. Non è difficile leggere in questa immagine una vena di preoccupazione per una struttura di servizio ai poveri e ai bisognosi sempre più ampia ed attiva, sottoposta tuttavia al duplice rischio di sostituirsi ai servizi pubblici trasformandosi in assistenza sociale e di non riuscire a stimolare le comunità parrocchiali all’esercizio della carità, che appare in certi frangenti come tacitamente delegato agli “specialisti”.
Il vescovo ha poi sottolineato che “il ponte tra ministri ordinati e fedeli laici è interrotto o ridotto a un ponte levatoio”, precisando che l’opera di ricostruzione deve partire dalla semplificazione delle strutture pastorali e dalla “messa a sistema degli organismi di partecipazione”. Sempre pronti a critiche collettive più o meno motivate gli uni verso gli altri, laici e ministri ordinati sono chiamati a convergere al tavolo della corresponsabilità costituito da consigli pastorali e per gli affari economici, sia parrocchiali sia diocesani, superando diffidenze e timori che hanno prodotto un vero e proprio “letargo sinodale”. Ci si prova da anni, per ora con risultati deludenti.
Il terzo ponte, in questo caso in fase di progettazione, è quello della riconfigurazione territoriale della diocesi. Mons. Sigismondi ha lasciato intendere come le opzioni in campo per Foligno siano sostanzialmente due: un’unica diocesi con il territorio di Assisi, o una fusione con l’antica diocesi di Spoleto. Anche se le Chiese non si ritagliano sui dati dei censimenti, perché sono storia di popoli in cammino (lo ha ricordato Riccardi), è ormai chiaro come i tempi siano maturi per un passo verso la semplificazione. Il vescovo ha voluto preparare la sua gente alla vigilia delle riunioni della CEU e del Consiglio Permanente della CEI che affronteranno questo argomento. In quali tempi accadrà? Prevarranno le considerazioni di “vicinanza” pastorale con la diocesi di Assisi con la quale da anni quella di Foligno collabora e realizza esperienze comuni come la scuola interdiocesana di teologia? E nel frattempo quali semplificazioni attendono gli uffici pastorali? Quali strumenti concreti verranno adottati per rilanciare gli organismi di partecipazione? E come si dovrà operare per rendere più stretto il rapporto tra liturgia e vita nella comunità diocesana? Tutti i cambiamenti possono generare preoccupazione, ma quella che ci attende è una bella stagione, perché la Chiesa, lo ha ripetuto più volte il vescovo Gualtiero, conosce una sola stagione: la primavera.
VILLELMO BARTOLINI