Avvocato Giuseppe Mancini: cento anni di amore quintanaro
Dal libro in cui si spiega come gabbare la gente al tifo per il rione Cassero: tutti gli aneddoti dell’autore del Bando di Giostra
“No, non sono un riesumatore della Giostra. Il merito è tutto del caro Emilio De Pasquale”. L’avvocato Giuseppe Mancini, autore del Bando, esordisce così ricordando le origini della Quintana. Il tono della sua voce è pacato mentre snocciola date e nomi di quel periodo. Un racconto lucidissimo segnato da grande ironia e nei suoi occhi vivaci brilla ancora la passione di quei primi anni di Quintana. L’avvocato, alla soglia dei 100 anni che compirà il prossimo 4 ottobre, è un personaggio a tutto tondo che ha segnato la storia cittadina. Sessant’anni di professione a grande livello, presidente della Cassa di Risparmio di Foligno e assessore nella prima Giunta comunale del dopoguerra, Giuseppe Mancini è l’autore del Bando di Giostra, l’inno del Popolo della Quintana, una mirabile composizione poetica che racchiude l’essenza della grande Festa di Foligno. “Mi chiesero di scrivere il Bando – racconta – con il fine di cancellare i rancori del dopoguerra e invitare il popolo alla concordia con un riferimento al settembre, il mese gioioso della vendemmia”. Un mese di feste per l’Autunno folignate. Allora si chiamava così per poi diventare l’attuale settembre folignate. “Era un periodo pieno di avvenimenti – racconta sorretto da una memoria di ferro – c’era la fiera, una delle più importanti d’Italia, l’unico torneo di tennis in Umbria al circolo di Porta Romana e, ancora, il concorso ippico a cui ho partecipato. Durante il servizio militare come ufficiale di artiglieria alpina ero infatti diventato un ottimo cavaliere, ma non ho mai corso la Quintana – sorride – nonostante le tante sollecitazioni che mi giungevano dai Rioni”.
Ma torniamo al Bando. “Dissi a mio fratello Alfredo dell’incarico ricevuto dai membri del comitato rievocatore che mi avevano chiesto di scrivere un bando nell’idioma dell’epoca che invitasse il popolo alla tenzone – spiega – e lui, prontamente, mi consigliò la lettura di un libro (Della dissimulazione onesta) di Torquato Accetto, scrittore napoletano del Seicento. Un libro dove si spiegava come si dovesse fare per gabbare la gente – racconta ridendo di gusto – lessi l’opera ed iniziai la stesura pensando che la Quintana doveva essere una grande festa di popolo. Una stesura di getto impressa sul retro di uno stampato della Regia Pretura, ormai inutilizzabile dopo l’avvento della Repubblica”.
Gli aneddoti sono tanti tra cui quello relativo all’esercizio prima della stesura. “In quei giorni mi rivolgevo a mia moglie parlandole come un cavaliere del seicento – aggiunge – e lei che era una donna molto riservata mi guardava scuotendo la testa”. A questo punto chiediamo all’avvocato se l’interpretazione dell’attuale banditore lo soddisfa. “Claudio Pesaresi è il migliore e la sua interpretazione è perfetta – risponde – in passato mi è piaciuta anche quella dell’avvocato Stefano Menicacci, ma Claudio interpreta alla grande le mie parole”. La Quintana è passione e, infine, vogliamo sapere per quale Rione batte il cuore dell’avvocato. “Li amo tutti – risponde sicuro anticipando quasi la domanda – ma sono del Cassero, prenda il “saraceno” lì sopra la libreria – stringe affettuosamente il dio Marte tra le mani e aggiunge – questo me lo hanno regalato loro”. La chiacchierata potrebbe durare a lungo perché Giuseppe Mancini ha vissuto da protagonista il secolo scorso ed ha segnato la storia di questa città. “Dalle finestre della mia casa, a due passi dal Campo de li Giochi, sento sempre declamare il Bando prima della Giostra”. E tutti noi la ringraziamo di cuore perché senza le sue meravigliose parole, non sarebbe Quintana.