Valentina Chiocchi 640

L’isola che non c’è: rifugiati in cerca di casa

Viaggio di volontariato ad Atene alla scoperta delle “Lampedusa” greche

Dal 5 al 22 giugno ad Atene ho vissuto un’esperienza piena di significato. Insieme ad altre ragazze siamo state ospiti presso Neos Kosmos, una social house gestita anche dalla Diocesi di Foligno, sotto l’egida di Caritas Italiana. È lì che siamo state catapultate subito in un’altra realtà, quella siriana. Dal 1° gennaio al 22 giugno sono approdati infatti sulle isole greche almeno 61.474 rifugiati. In Siria tutto iniziò il 15 marzo di quattro anni fa, quando migliaia di persone scesero nelle piazze di Aleppo e di Damasco per protestare contro il regime di Assad. La protesta si trasformò repentinamente in guerra, durante la quale furono rase al suolo molte città. È così che la Grecia per i rifugiati siriani è diventato uno dei corridoi per raggiungere l’Europa. Il percorso, estremamente pericoloso, passa per il Mar Egeo, dalla Turchia verso la Grecia. Come il mare che divide la Libia da Lampedusa, anche il mare tra la Repubblica ellenica e la Turchia è lo scenario di infinite tragedie.
A Neos Kosmos ho fatto la conoscenza di un ragazzo speciale. Con lui abbiamo animato il grest per i bambini greci, perché la crisi in Grecia non è solo economica ma anche sociale e il volontariato giovanile è quasi inesistente.
Valentina ChiocchiA. è un ragazzo pieno di vita, vuole studiare per diventare medico e ha solo un desiderio: quello di lasciare Atene. Fino ad oggi ha provato per ben sette volte ad andarsene ma essendo molto giovane viene subito fermato dalla polizia di frontiera.
Tornata a casa ho sentito un grande senso di impotenza. Sentire il suo racconto mi ha suscitato angoscia, commozione e tenerezza. Mi ha sorpreso il modo in cui mi sono state dette quelle parole, con un sorriso che non credevo fosse facile vedere in una persona così, costretta a lasciare la propria patria per sfuggire alla morte. La sua casa è stata distrutta ed ora è rimasto solo, i genitori in Brasile, gli amici fuggiti in Belgio, mentre lui ripete più volte di essere grato di essere ancora vivo.
Il Viaggio è cominciato quando suo padre ha deciso di vendere il negozio di famiglia per riuscire a mettere da parte un po’ di soldi per una nuova vita, un nuovo inizio. Partito da Aleppo ha viaggiato per 23 ore su di un autobus fino al Libano, dove i trafficanti lo hanno traghettato in Turchia. Così è iniziata la sua traversata sui famosi “barconi” insieme ad altre 70 persone, viaggiando fino a Marmaris, dove chi proviene dalla Siria non ha bisogno di visto. Lì è rimasto 23 giorni ed ha raggiunto una delle isole greche, Simi, dove a conclusione di tre giorni, passati in una stazione di polizia, gli hanno consegnato dei documenti per rimanere in Grecia per sei mesi. Ha viaggiato legalmente verso Atene e lì ha conosciuto la struttura Caritas di Neos Kosmos, dove altri siriani stanno aspettando i documenti per viaggiare. Anche se sopravvivono ai pericoli di un tale viaggio è quasi impossibile che i siriani vengano riconosciuti come rifugiati politici in Grecia ed essi non vogliono rischiare di rimanere intrappolati in un paese che non può essere definito “sicuro” per i richiedenti asilo, sia per le carenze sistematiche dei suoi centri di accoglienza, sia per l’inadempienza in materia di protezione internazionale. Per questi motivi si sentono costretti a viaggiare illegalmente, affidandosi ai trafficanti. In fin dei conti i rifugiati siriani chiedono solo di essere ascoltati e come hanno affermato durante la manifestazione avvenuta a novembre scorso in piazza Syntagma: “Siamo rifugiati di guerra, non vogliamo essere un peso per la società greca e se volete vederci partire sappiate che non domandiamo di meglio”.
A. chiede solo di poter vivere la propria vita come desidera, perché è legittimo per tutti sognare, ma è di fondamentale importanza arrivare a raggiungere quei sogni.

Valentina Chiocchi

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